RITIRO ON LINE                                                                                                   
agosto
2015  

 

Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso.   Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi. 

 

O alto e glorioso Dio,
illumina le tenebre

del cuore mio.
Dammi una fede retta,
speranza certa,

carità perfetta

e umiltà profonda.

Dammi, Signore,
senno e discernimento
per compiere la tua vera

e santa volontà.
Amen.

 

(san Francesco d’Assisi)

 

 

 Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.

 

 

 

Con il Ritiro On Line di questo mese terminiamo le “provocazioni” di don Paolo Scquizzato, della

 

comunità dei sacerdoti del Cottolengo, che analizza alcuni brani evangelici noti ma li rilegge sotto una

 

luce un po’ diversa da quella alla quale siamo in genere abituati.

 

Buona meditazione e buona preghiera.

 

 

  

 

 

 

 

 

 

LECTIO  Apro la Parola di Dio e leggo in piedi il brano che mi viene proposto (Mt 25, 14-30).

14Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. 15A uno diede cinque talenti, a un altro

due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì. Subito 16colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri

cinque. 17Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 18Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca

nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 19Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. 20Si presentò

colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri

cinque”. 21“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo

padrone”. 22Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”.

23“Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

24Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e

raccogli dove non hai sparso. 25Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”. 26Il padrone gli rispose:

“Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; 27avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri

e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. 28Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 29Perché a chiunque ha, verrà dato

e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. 30E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di

denti”.

 

 

 

 

 

 

 

 

MEDITATIO   Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio !   Il protagonista è lo Spirito Santo.

 Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".

 

 

Il contesto del brano

 

È molto interessante che la parabola del «giudizio universale» (“avevo fame… avevo sete…”) sia incastonata tra due brani importantissimi.

 

Il primo di essi è il brano proposto oggi: la parabola dei talenti.

 

 

Consegnò loro i suoi beni

 

La parabola racconta di un padrone (Dio) che consegna ai servi i suoi beni.

 

Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro

 

uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.”

 

Quali sono i beni che Dio può affidare? Dio non può dare altro che se stesso, cioè l'amore. Dio non fa torto a nessuno: colma di sé ciascuno dei suoi figli, dando ad

 

ognuno secondo quanto può gestire. E dice a ciascuno di noi che questo amore va trafficato, va elargito, va diffuso, perché l'amore si moltiplica solo donandolo; se è

 

trattenuto va perduto.

 

 

L’amore “trattenuto”

 

        L’unico servo che ha avuto paura, per non rischiare ha fallito la sua esistenza. Ha nascosto sotto terra, in una buca, l'amore che ha ricevuto in dono e la

 

possibilità di spendersi in esso.

 

Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.

 

Nella versione della stessa parabola narrata dall'evangelista Luca, la moneta d'oro affidata dal padrone  è stata tenuta  nascosta  dal servo in un fazzoletto:

 

“sudario”, in greco, come il sudario  che veniva  posto sul volto dei cadaveri.  Venne poi anche un altro e disse: “Signore, ecco la tua moneta d’oro, che ho

 

tenuto nascosta in un fazzoletto (cfr. Lc 19,20).

 

        Una vita che non si gioca nell'amore è solo fatta per la tomba, per essere consumata sotto terra.

 

 

Il brano successivo

 

È chiaro allora perché subito dopo questa parabola venga quella del «giudizio universale». Tutto il Vangelo di Gesù ci comunica questo messaggio: se ci

 

mettiamo fuori dalla dinamica dell'amore, per noi è finita. E non c'è bisogno di un giudizio divino, perché noi stessi operiamo il giudizio su di noi.

 

 

Il brano successivo al “giudizio universale”

 

        Il brano che segue la parabola del «giudizio universale» è invece l'annuncio della passione:  «Terminati   tutti  questi  discorsi,  Gesù disse  ai suoi  discepoli:

 

"Voi sapete che fra due giorni è la Pasqua  e il Figlio dell' uomo sarà consegnato per essere crocifisso"»  (Mt 26,1- 2). Segue poi il racconto del Giovedì santo e di

 

tutta la passione  del Signore, in cui verrà presentato un Dio che salirà sulla croce, si farà lontananza massima per recuperare tutti i lontani, debolezza infinita per

 

recuperare  tutti  i fragili,… si farà  peccato per recuperare  e salvare tutti i peccatori.

 

 

Dio può condannare al fuoco inestinguibile?

 

Ora, è possibile che immediatamente prima di questo ci venga raccontato che il medesimo Dio separerà quelle stesse sue creature mandandone un po'

 

all'inferno e un po' in paradiso? Possiamo pensare che Dio muoia sulla croce per poter dare la vita ai suoi stessi assassini, e al contempo con la sua potenza

 

condanni al fuoco inestinguibile ed eterno una parte dei suoi stessi figli?

 

        Nella nostra comunità civile si discute sulla necessità di eliminare la condanna all'ergastolo, ritenuta disumana in quanto toglie alla persona la possibilità di ogni

 

riscatto. Come si può pensare che Dio possa condannare un suo figlio, per il quale lui stesso è morto, ad una pena eterna?

 

 

I padri della Chiesa dicevano che la Bibbia si commenta con la Bibbia. San Paolo ci può aiutare per interpretare la parabola del «giudizio  universale»:

 

«Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come

 

costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro,

 

argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l'opera di ciascuno sarà ben visibile: infatti quel giorno la farà conoscere, perché con il fuoco si manifesterà, e il fuoco

 

proverà la qualità dell'opera di ciascuno. Se l'opera, che uno costruì sul fondamento, resisterà, costui ne riceverà una ricompensa. Ma se l'opera di qualcuno finirà

 

bruciata, quello sarà punito; tuttavia egli si salverà, però quasi passando attraverso il fuoco» (1Cor 3,10-15).

 

 

L’azione d’amore di Dio nei nostri confronti

 

Paolo ci ricorda che il nostro fondamento è Cristo. Ora, possiamo giocare la nostra vita nell'amore o fuori dall'amore. Costruendo nell'amore è come se

 

costruissimo usando pietre preziose, argento e oro. Chi non costruisce nell'amore costruisce con paglia, fieno e legno. In ogni caso, dice Paolo, il fondamento

 

rimane: si costruisce su Cristo, che rimarrà per sempre.

 

        Il fuoco che proverà la qualità  della  nostra  opera  di  costruzione è, nella  Scrittura,  l'amore  di  Dio, lo Spirito di  Dio, la vita  di  Dio.

 

L’amore in qualche modo entrerà in noi e brucerà tutto il male che avremo fatto, ma non l'uomo che ha commesso il male: «Tuttavia egli si salverà». L'azione

 

di Dio su di noi sarà sempre un'azione di amore; su questo non possiamo avere dubbi.

 

 

Allora, ci sarà un giudizio finale?

 

    Il giudizio dura una vita, perché ogni nostra azione, confrontandosi con Cristo che è l'amore, viene criticata dall'amore: se conforme all'amore cresce, se no si

 

distrugge.

 

    Chi si è costruito totalmente fuori dall'amore, va verso l'autodistruzione  completa, mentre chi si è costruito nell'amore continuerà la sua vita anche quando il suo

 

involucro biologico cadrà.

 

    Il teologo ortodosso Olivier Clément ha scritto: «Noi dobbiamo pregare che il fuoco del giudizio - cioè il fuoco dell'amore divino - consumi non i peccatori, ma la parte

 

di male che è in ciascuno di essi. Così la divisione fra "capri" e "pecore" di cui parla la scena del giudizio universale non si farebbe tra due moltitudini di esseri umani,

 

ma all'interno di ciascuno di loro».

 

 

Questa è anche la nostra speranza.

 

 

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ORATIO    Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e

diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del

brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.

 

O Dio, mio re, voglio esaltarti

e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.

Ti voglio benedire ogni giorno.

Grande è il Signore e degno di ogni lode.

Una generazione narra all’altra le tue opere.

Diffondano il ricordo della tua bontà immensa,

acclamino la tua giustizia.

Misericordioso e pietoso è il Signore,

lento all’ira e grande nell’amore.

Buono è il Signore verso tutti,

la sua tenerezza si espande su tutte le creature.

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere

e ti benedicano i tuoi fedeli.

Fedele è il Signore in tutte le sue parole

e buono in tutte le sue opere.

 

Il Signore sostiene quelli che vacillano

e rialza chiunque è caduto.

Tu apri la tua mano

e sazi il desiderio di ogni vivente.

Giusto è il Signore in tutte le sue vie

e buono in tutte le sue opere.

Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,

a quanti lo invocano con sincerità.

Appaga il desiderio di quelli che lo temono,

ascolta il loro grido e li salva.

Il Signore custodisce tutti quelli che lo amano.

Canti la mia bocca la lode del Signore

e benedica ogni vivente il suo santo nome,

in eterno e per sempre.

(dal Salmo 145)

 

 

 

 

 

CONTEMPLATIO     Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.

 È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

 

Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,

nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.

Amen

 

 

ACTIO     Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.

Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!

Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

Arrivederci!

 

 (spunti da una riflessione di don Paolo Scquizzato)

 

 

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Il mio amico Padre Arturo, profeta «cosmico»

 

Il 13 luglio scorso fratel Arturo Paoli, Piccolo Fratello del Vangelo, sacerdote, religioso e missionario attivo in particolare in America Latina, è tornato alla Casa del Padre alla… veneranda età di 102 anni.

Vi proponiamo una riflessione di fratel Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose, in ricordo del suo amico fratel Arturo, tratta dal sito della Comunità di Bose.

 

(per la biografia di fratel Arturo Paoli i suggerimenti più immediati sono:  

http://www.diocesilucca.it/index.php?id_news=1437  oppure  https://it.wikipedia.org/wiki/Arturo_Paoli  

oppure  http://www.oreundici.org/arturo_paoli/biografia_arturo_paoli.shtml )

 

Era stato insignito del titolo di «Giusto tra le nazioni» e nel memoriale di Yad Vashem in Israele è ricordato come «salvatore non solo della vita di una persona, ma anche della dignità dell’umanità intera». E fratel Arturo Paoli è stato proprio questo: un uomo, un cristiano, un fratello, un prete «giusto» in mezzo ai suoi compagni di umanità.

 

Giusto non della giustizia umana – per salvare vite umane non ha esitato a infrangere leggi disumane, ha conosciuto processi e tribunali, è sfuggito a chi voleva "giustiziarlo"… – ma di quella giustizia secondo Dio che non è mai disgiunta dalla misericordia, dal cuore per i miseri, dalla benevolenza verso il prossimo, a cominciare dai più piccoli, dagli indifesi, dalle vittime della storia che sono sempre vittime di altri uomini: un giusto testimone di quella giustizia misericordiosa che ha nome Gesù Cristo, il Giusto sofferente in un mondo ingiusto.

 

Del resto, già un suo professore all’università lo aveva definito «uomo cosmico» e la sua tempra verrà poi plasmata nel crogiolo del deserto del Sahara, dilatandone la profonda cattolicità – cioè la capacità di pensare e vedere la realtà nella sua dimensione universale – e facendo di lui un cristiano mite e tenace come solo i miti sanno essere, fino all’ultimo a servizio di quei poveri nei quali sapeva di poter trovare il volto di Gesù che tanto cercava.

 

Così scriveva pochi anni fa: «Guardate il vecchio dalla riva; avete tempo, potete anche dialogare con lui perché l’acqua scorre molto lentamente... Non temete: l’Amico lo tiene per mano, soavemente o con energia, e non lo lascerà fino all’incontro con l’Infinito». Ora quest’incontro è giunto e mi piace ricordare in quest’ora gli ultimi dialoghi avuti con fratel Arturo, quando nel gennaio e poi a maggio dello scorso anno sono passato a trovarlo nella sua pieve per custodire e alimentare ancora una volta la lunga e fedele amicizia che ci univa.

 

Era appena stato ricevuto in udienza da papa Francesco, e nei suoi occhi vivacissimi e dalle sue parole pacate e insieme appassionate emergeva la gioia per la nuova primavera che vedeva sbocciare. Una primavera che alla sua età ormai non immaginava più di poter ancora gustare e un gesto di comunione che non osava più sperare, anche se il vescovo di Lucca Castellani gli aveva mostrato affetto e stima. In quelle occasioni mi chiese anche l’ultima edizione dell’ufficio di Bose per poter continuare a pregare con la nostra Preghiera dei giorni, come ormai faceva da decenni.

 

Sentii ancora una volta il suo cuore palpitare di amore per il Signore Gesù, mentre ci dicevamo l’un l’altro in profonda sintonia: «Il Vangelo è solo Gesù Cristo, e Gesù Cristo è solo il Vangelo!». Era stato il Vangelo a spingerlo a vivere con gli ultimi, il Vangelo lo aveva chiamato in Sardegna tra i minatori del Sulcis, il Vangelo lo aveva inviato in Argentina tra i boscaioli di Fortín Olmos, il Vangelo lo spinse a scrivere il Dialogo della liberazione che avrebbe ispirato anche la teologia di Gustavo Gutierrez. Vero itinerante di terra in terra, come i missionari del Nuovo Testamento, perseguitato e poco compreso dai poteri mondani, non cessò mai di essere un testimone "mite" del Vangelo.

 

Il cammino spirituale di fratel Arturo è stato il percorso di un profeta, sovente non ascoltato od osteggiato e perfino ferito (…). È sempre stato un uomo schietto, senza arroganza, ma con la rappacificata e solidale consapevolezza di un’identità umana e cristiana cercata e trovata nel confronto aperto con il sempre possibile non-senso dell’esistenza.

 

«L’identità – ebbe modo di scrivere – è per me la scoperta di stare al mondo fra gli altri come un essere necessario. Se io non esistessi, all’umanità mancherebbe qualcosa nel suo cammino verso la meta del suo essere vera». Sì, all’umanità sarebbe mancato qualcosa di prezioso. Noi ringraziamo il Signore per averci donato di camminare accanto a questo uomo di Dio, rimasto giusto e vigilante fino all’ultimo, grande testimone del Vangelo e difensore dei poveri, grande dono per la Chiesa e per l’umanità. Davvero fratel Arturo è stato un segno del Vangelo di Cristo per tutti noi! A me viene a mancare un amico, un fratello e quel suo sorriso che era come il sorriso di Gesù: mite, accogliente, magnanimo.

 

Enzo Bianchi

 

Padre mio,

io mi abbandono a te,

fa di me ciò che ti piace.
Qualunque cosa tu faccia di me
ti ringrazio.
Sono pronto a tutto, accetto tutto.
La tua volontà si compia in me,
in tutte le tue creature.
Non desidero altro, mio Dio.

 

Affido l'anima mia alle tue mani,
te la dono mio Dio,
con tutto l'amore del mio cuore
perché ti amo,
ed è un bisogno del mio amore
di donarmi,
di pormi nelle tue mani senza riserve
con infinita fiducia
perché Tu sei mio Padre.

 

(Charles de Foucauld)

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