RITIRO ON LINE                                                                                                   
gennaio 2018

                                                                                                                                                                                                                                                

 

Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso.   Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi. 

 

Tu sei qui, Gesù, vicino

a me, a noi;

non sei un Dio lontano,

non sei lontano alle nostre vicende umane,

sei solidale con noi

in modo impensabile,

perché sei il Dio-con-noi.

Hai preso la nostra

stessa carne umana

per farci partecipi

della tua vita e della tua pace.

Ogni giorno, fosse pure il più duro,

è carico della tua presenza.

Grazie, Gesù!

 

Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.

 

 

 

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“Le donne sono quelle del Vangelo di Luca;

la gioia è quella che scaturisce dal loro incontro con Gesù”

 

Proseguiamo la preghiera suggerita da alcune lectio tratte da episodi del Vangelo di Luca, nelle quali il filone comune è la GIOIA DELLE DONNE CHE INCONTRANO GESU’.

Oggi lasciamoci toccare da Anna, dalla sua particolare capacità di profetare, di essere testimone, di essere dispensatrice di speranza,…

Queste riflessioni sono liberamente tratte da alcune lectio di don Davide Caldirola, della Chiesa di Milano.

Buona meditazione e buona preghiera.

 

 

 

LECTIO Apro la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.  (Luca 2,36-38)

 

36C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, 37era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. 38Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MEDITATIO   Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio !  Il protagonista è lo Spirito Santo.

 Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".

 

 

Anna: la fedeltà nell’attesa

(Luca 2, 36-38)

 

La parola spezzata

La prima cosa che Luca ci dice di questa donna anziana è che si tratta di una profetessa: “C’era anche una profetessa, Anna”. Eppure Anna non ci lascerà nessun oracolo diretto: di lei non viene riportata nemmeno una parola. La cosa forse ci lascia stupiti. Il profeta è uno che parla: parla «davanti a», «in nome di», «a favore di»,... La parola è la sua arma, il suo attrezzo di lavoro. E se per caso (o per volere di Dio) - come ad esempio capita a Ezechiele - diviene muto, esprime attraverso i gesti l'oracolo che deve annunciare al popolo. Anche in questo Anna ci delude: nessun segno clamoroso, nessuna azione di rilievo da ricordare. In che cosa consiste, allora, la sua profezia?

Forse è provando a rispondere a questo interrogativo che troviamo la gioia da raccogliere dalla sua testimonianza per la nostra vita.

 

La profezia della preghiera

Anna esprime anzitutto la profezia della preghiera: ”servendo Dio notte e giorno con… preghiere.”. La forza del suo oracolo sta nella sua instancabile capacità di pregare. Spesso ci capita di vedere persone che cercano la preghiera come un rifugio, come una scappatoia che permette di dimenticare i problemi della vita, come un'anestesia a buon mercato. Anna ci ricorda che la preghiera ha bisogno della profezia e la profezia della preghiera.

La preghiera senza profezia (cioè che non nasce da un profondo ascolto della parola) è una preghiera che chiude, che non fa respirare, che ottunde i sensi e la mente. Può scadere in devozionalismo.

La profezia senza preghiera  è profezia falsa, autoreferenziale. Non è più parlare «in nome di Dio» ma «al posto suo», sostituendosi a lui. È annuncio di sé e non di Dio.

 

La profezia del digiuno

In secondo luogo Anna esprime la profezia del digiuni: “servendo Dio notte e giorno con digiuni”. È figura del popolo di Israele che nel deserto patisce la fame, che soltanto Dio può nutrire, e non è ancora entrato nella terra promessa. Per questo vive la vita come una continua attesa. Non è il digiuno dell'asceta, ma del profeta: è segno che induce a riflettere. Anna col suo digiuno dichiara una mancanza, un'assenza che chiede di essere colmata, un'attesa che cerca  pienezza e compimento.

 

La profezia del tempio

Ancora: Anna esprime la profezia del tempio. “Non si allontanava mai dal tempio”. Rimane nel tempio, si è affezionata alle sue pietre; il tempio è diventato la sua casa. «Ai tuoi servi sono care le pietre di Sion, li muove a pietà la sua rovina». Ella è fedele a una casa che Dio ha voluto per sé in mezzo al popolo; è fedele anche alle rovine di questa casa, non tanto dal punto di vista strutturale, quanto da quello spirituale («una spelonca di ladri», lo definirà Gesù). Accetta di portare addosso le fatiche della fede vissuta in comune, la pesantezza delle mediazioni istituzionali. Ama il tempio al di là della pochezza degli uomini che lo frequentano e lo gestiscono (e in 84 anni ne avrà viste di cose... ). Ci fa pensare alle nostre fatiche ecclesiali, e ci invita a rileggerle alla luce di questa sua profezia.

 

La profezia della lode

Ma nello stesso tempo, Anna esprime la profezia della lode: “si mise anche lei a lodare Dio”. La sua profezia è il canto. Non ha da comunicare notizie: vuole soltanto coinvolgere nella gioia. Il suo compito non è di chiarire o di informare, ma di suscitare il desiderio del ringraziamento. Non si educa solo attraverso le parole, le spiegazioni, i contenuti...: per aprire il cuore alla fede si educa anche attraverso la semplicità della preghiera e del canto. Non tutto va spiegato: la fede non è una sequenza di didascalie, ma un inno di lode.

 

La profezia del racconto

Infine Anna ci regala la profezia del racconto:  parla del bambino a tutti coloro che le si avvicinano. “E parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme”.  Non sappiamo cos'abbia detto di preciso: sappiamo solo che aveva il desiderio di  parlarne.  Non di  parlare di  sé che aveva avuto la gioia di vederlo, ma di lui. Non è preoccupata di apparire, di guadagnarsi  una posizione di prestigio, di vantarsi della fortuna che le era capitata. Raccontando del bambino distoglie l'attenzione da  sé per centrarla  su di lui, e permette  a chi l'ascolta  di cogliere l'essenziale. Quando annunciamo la parola non parliamo di noi, ma di un Altro.

 

Dalla mensa della parola, briciole di gioia: la capacità di invecchiare

La prima gioia che ci regala Anna la profetessa è legata alla capacità di invecchiare: “Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, 37era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni.”. Come già per Simeone, che la precede nella narrazione di Luca, anche per Anna l'età avanzata non significa una fine mortificante ma un compimento. È l'immagine della persona capace di invecchiare, capace di maturare una saggezza, un'intuizione, un discernimento che sono tipici degli anziani che hanno conservato la saggezza. La sua è una vecchiaia gioiosa, lontana da qualunque forma di malcontento o di tristezza o di rimpianto: piuttosto propensa agli accenti dello stupore e della lode. «Nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno vegeti e rigogliosi», dice il salmo.

 

Frutto di grazia

Questa capacità di invecchiare, come ben sappiamo, non è solo legata a un'azione o a un'ascesi personale, ma è frutto di una grazia. Non dipende solo da noi, dal modo con cui ci prendiamo cura del nostro corpo, della nostra mente, del nostro cuore. Le circostanze della vita ci pongono spesso di fronte a persone straordinarie che invecchiano malamente entrando nel tunnel senza fondo della demenza, o di malattie fortemente invalidanti che distruggono la memoria, deformano il corpo, trasformano il carattere, cancellano i sentimenti.

Quello di  invecchiare  bene è  un dono da chiedere,  e da cominciare a chiedere presto, senza aspettare. A rigore, ogni giorno  della  nostra  vita ci fa  più vecchi.

E bisogna cominciare per tempo a prendere coscienza dei cambiamenti del nostro corpo, dei limiti delle nostre possibilità, delle fatiche che possiamo sostenere e ci fanno crescere e dei pesi che al contrario ci schiacciano e ci distruggono. Invecchiare bene significa anche imparare a non pretendere troppo da sé, a non credersi indispensabili, a lasciare il passo a un altro quando è il momento.

Non è forse vero che la bellezza del viso dei vecchi risiede in quel misterioso reticolato di rughe, ciascuna delle quali racconta un avvenimento, un dolore, una nascita, una storia? Si rimane incantati - a volte - di fronte alla lucentezza dei volti dei vecchi segnati dal passaggio del tempo, dal tremore della malattia, dallo sguardo sempre un po' umido per la commozione.

Anche la tradizione monastica riserva una particolare attenzione  al vecchio «bello», che ha trovato negli anni il suo posto davanti a Dio e ai fratelli, che non si è inasprito, che si è quasi trasfigurato col passare del tempo e degli anni. C'è gioia anche nell'invecchiare. E c'è tanta grazia di Dio da chiedere con umiltà perché questo possa avvenire.

 

 

Nelle nostre comunità

Anche nelle nostre comunità certamente ci sono persone che hanno dimostrato la loro libertà nel tirarsi da parte. Uomini e donne che erano stati un autentico pilastro della parrocchia, che poi negli anni hanno gradatamente perso le forze e le energie sufficienti per continuare a recitare  un  ruolo «attivo» in parrocchia, e con grande libertà hanno fatto semplicemente quello che fanno molti altri fedeli anziani come loro: la messa quotidiana, il gruppo «Terza età», le celebrazioni e i momenti comunitari più rilevanti. Mai una lamentela, una recriminazione, un rimpianto per ciò che non possono più dare o fare. Il cuore contento, semplicemente felici di esserci ancora, così come il Signore vuole.

Non è di tutti la grandezza di tirarsi da parte. È segno raro di  una qualità  umana superiore, quasi di santità.

 

Un esercizio di speranza

Un secondo aspetto della profezia di Anna: a leggere il testo di Luca in maniera distratta, parrebbe che l'unico giorno di felicità della vita di Anna sia questo, nel quale finalmente incontra il Signore. Non sembra però questa un'interpretazione corretta. Certamente la gioia di  Anna è anche quella di chi sa attendere. È una donna  che ha trasformato  ogni giorno  della sua esistenza in un esercizio di speranza.

Gli studiosi dei vangeli ci aiutano a identificare almeno tre caratteristiche di questa attesa.

 

Speranza nella redenzione

È anzitutto l'attesa della  redenzione e del riscatto: “a quanti aspettavano la redenzione”.

A differenza di Simeone che attende la consolazione di Israele, Anna attende la redenzione. La figura del redentore/riscattatore nell'Antico Testamento è quella di colui che si prende cura di chi non ha nessun difensore, dell'orfano, della vedova, di chi ha perso ogni diritto. Non è strano, quindi, che Anna accentui questo tipo di attesa. La sente viva proprio a partire dalla sua vedovanza, dal suo essere donna sola, senza casa, senza appoggi, senza nessuno che si prenda cura di lei: “era poi rimasta vedova”. È l'attesa del povero, di chi non ha nulla se non una smisurata fiducia. È l'attesa purificata da qualsiasi forma di vendetta. In ultima analisi è l'attesa di chi ha imparato a non confidare nell'uomo perché sa che la liberazione e il riscatto possono venire solo da Dio.

 

Speranza di un popolo

In secondo luogo è l'attesa a nome di un popolo sfiduciato: “a quanti aspettavano”. Da sempre il popolo di Israele ha attraversato stagioni di distanza e di sfiducia collettiva. Le vicende storiche ne hanno raffreddato la fede, l'hanno allontanato dal culto del vero Dio, l'hanno fatto precipitare in una condizione miserevole. Ma non sono mai mancate, in ogni epoca, figure che ne hanno sostenuto la speranza, che hanno ridestato e risvegliato i cuori, che hanno mescolato nelle loro parole giudizio e consolazione, compassione e rimprovero.

Queste figure sono i profeti. Ritorna ancora una volta la dimensione profetica di Anna: profeta è colui che tiene viva l'attesa, che suscita la speranza, che  ravviva  l'amore,  spesso  pagando di persona con una vita ai margini, segnata dal dolore, dalla sofferenza, da una condizione a volte perfino drammatica e tragica.

 

Speranza vigilante di chi “rimane”

Infine è un'attesa vigilante. Anna «sopraggiunge» al momento giusto: “Sopraggiunta in quel momento”. La lunga attesa non l'ha sfibrata, non l'ha stancata. Ne ha affinato i sensi, le ha dato una percezione più profonda del kairòs, del momento decisivo, dell'istante della rivelazione della grazia. Non perde l'occasione propizia. È come la vergine prudente che ha portato olio e lampada, e risponde, e apre alla voce dello sposo. La sua attesa non si è “appesantita in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita” (come dice Luca nel capitolo 21). Non si è lasciata prendere dall'ansia. È fondamentalmente «rimasta»: rimasta nel tempio, rimasta in preghiera, rimasta nel digiuno e nella fiducia, rimasta .fedele alla propria condizione di vita. È un inno alla forza del rimanere.

 

La fecondità possibile

Un accenno veloce, per concludere, a un'altra gioia possibile: quella che fa riferimento a una «vedovanza feconda»: “era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno”. La lunga vedovanza, sicuramente non semplice da accogliere e segnata dal dolore della prematura separazione, non ha inasprito Anna. Ne ha fatto un segno profetico. A suo modo entra a far parte delle donne sterili ricordate dalla Bibbia che partoriscono per intervento miracoloso. Non si tratta di una generazione fisica, quanto di una capacità generativa legata allo sguardo, alla freschezza del pensiero e della mente, alla qualità umana che resta integra col passare del tempo. Anna non entra nella lunga vedovanza come si affronta una sfortuna, ma attraverso passaggi sicuramente difficili e dolorosi la fa diventare occasione di grazia e ci permette di rileggere attraverso la sua figura la fecondità possibile del nostro stato di vita.

 

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ORATIO Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.

Gesù, tu che sei stato atteso nel tempio

dai santi vecchi Simeone e Anna

e hai conosciuto la gioia del loro sorriso

mentre ti stringevano fra le braccia,

concedimi il dono di saper accogliere

con amore e rispetto le persone anziane.

Come è stato per Simeone e Anna,

fà che l’avanzare degli anni non mi renda

succube della nostalgia del passato

ma sempre sia pieno di serenità

e saggezza e goda della consolazione

dello Spirito.   

Donami la grazia di trascorrere

il tempo che ancora vorrai donarmi

a servire e a lodare Dio

nella preghiera.

Aiutami ad accogliere tutti i fratelli,

con quella misericordia che si fa

tenerezza, bontà generosa e umiltà.

Rendimi ricco di mansuetudine

e di pazienza,

pronto a comprendere e compatire.

 

(don Canio Calitri)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CONTEMPLATIO     Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.  È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

 

Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,  

nell’unità dello Spirito Santo,

ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.  Amen

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ACTIO     Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.

Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!

Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

Arrivederci!  

 

(spunti liberamente tratti da alcune lectio di don Davide Caldirola, della Chiesa di Milano)