RITIRO ON LINE
novembre - 2009  

 

 

Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso.

Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.

  Signore, prendo il mio cuore

nella mia mano e te lo presento.

Esso è la lampada, l’olio,

tutto, tutto ciò che mi rimane di vivo

dopo aver tanto sofferto e amato

lontano da te.

 

Prendilo tu, questo cuore inquieto:

purificalo, custodiscilo nel tuo amore,

dal quale nessuno oserà strapparlo.

 

Signore, prendo il mio cuore

nella mia mano

e così ti dono me stesso.

(don Primo Mazzolari)

 Veni, Sancte Spiritus

Veni, per Mariam.

 

   

LECTIO          Apro la Parola di Dio e leggo in piedi il brano dal Vangelo di Matteo  (Mt 4, 12-25)

 

 

12Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, 13lasciò Nazaret e andò ad abitare a Cafarnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zabulon e di Neftali, 14perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:

                                                15Terra di Zabulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti!

                                                16Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di

                                          morte una luce è sorta.

17 Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

18Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 19E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». 20Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. 21Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. 22Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

23Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. 24La sua fama si diffuse per tutta la Siria e conducevano a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guarì. 25Grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decapoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano.

 Parola di Dio.

  

 

 

MEDITATIO            Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: “Il Grande Silenzio”! Il protagonista è lo Spirito Santo.

Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza.

Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarsi plasmare dal suo stesso "cuore".

  

 

Approfondimento del testo:

 

 “Convertitevi perché il Regno dei Cieli è vicino” (Mt 4,17).

Sono le prime parole di Gesù dopo il lungo silenzio di Nazareth. Altre non potevano essere.

Egli è presenza di Dio, che rinnova la faccia della terra e comincia a costruire nuovi spazi di fraternità.

È vicino il Regno, cioè accanto, affianco a chi ascolta, perché è interamente presente nella persona di Gesù, che si fa prossimo.

Ma è vicino, ancora promessa perciò, perché esso è un cantiere, che Gesù inaugura. I suoi gesti raccontano di un Regno vivo, operante, efficace, qui e ora nel perimetro della storia.

Al Battista che gli manda a chiedere se sia davvero lui il Messia atteso, Gesù offre come risposta l’eloquenza dei segni che sta ponendo: “I ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella” (Mt 11, 5).

La paternità di Dio, nella persona di Gesù, è tutta presente nella storia e fa nuovo il vecchio, trasforma l’iniquo in giustizia, l’infermo in sano, l’escluso in pietra angolare nella costruzione della civiltà dell’amore.

La buona notizia del Regno, che già attraverso i profeti aveva raggiunto l’uomo, ora diventa buona realtà.

Ma il Regno di Dio ha una dimensione non statica, bensì dinamica: smuove la storia e in essa si muove. Nel suo cammino incontra resistenze e si misura quotidianamente con la violenza del peccato, che tenta di orientare la vicenda umana contro il Regno.

 

Così, l’irrompere della vita piena di Dio nella storia degli impoveriti e degli esclusi, può crescere, ma anche de-crescere, ora assume l’accecante baluginìo del sole d’agosto, ora l’intermittente luccichìo di una lucciola.

La realtà dinamica del Regno è evidente nel discorso di Gesù quando parla del progetto del Padre come lievito che fa crescere la massa, ma soprattutto quando lo racconta come seme  che arriva lentamente a portare pieno frutto, ma deve sopravvivere alla fame degli uccelli, all’aridità della pietra, all’aggressione del sole, all’abbraccio dei rovi.

Del resto Gesù stesso è, come ogni uomo, soggetto al dinamismo della vita. Il suo essere uomo è reale, totale.

 

L’incarnazione non consiste nel travestirsi di Dio in uomo, ma nel suo farsi uomo. Gesù prende su di sé, insieme alla carne, anche la legge della maturazione umana. Una certa iconografia ce l’ha rappresentato come un adolescente serioso, che passava il tempo a costruire piccole croci nella bottega di Giuseppe. La realtà evangelica, invece, ci parla di un suo crescere in sapienza alla scuola della vita, in ascolto degli insegnamenti familiari e del popolo in cui si è totalmente immerso. Gesù non gioca a fare l’uomo, non recita la commedia dell’umanità. Egli ha bisogno di interrogare per sapere; mostra di non conoscere il giorno del giudizio; ha le sue incertezze quanto al cammino da seguire; è costretto a cambiare i suoi piani; ha paura di fronte alla morte; è tentato e deve fare le sue scelte nella fatica del discernimento e, spesso, non senza dolore. D’altra parte, nel lungo silenzio di Nazareth e durante tutto il suo ministero, il Padre gli dona profezia per scoprire, comprendere in profondità e portare a compimento la sua missione.

 

Gesù è autore e perfezionatore della fede (Eb 12,2). Egli è immagine del vero credente ed esempio per tutte le future generazioni di credenti. La sua fede e la sua intimità fortissima con Dio, precisano in lui la coscienza della volontà del Padre a suo riguardo. Docile, egli si consegna all’Abbà, ne assume il progetto di salvezza, si abbandona a lui quando l’oscurità lo avvolge, quando tutti lo lasciano e nella solitudine della tentazione. Il Padre lo guida e gli parla in un dialogo segreto ed intimo, ma anche attraverso le radici culturali del suo popolo ed ogni sospiro del Primo Testamento, donandogli una sapienza unica della vita e del suo mistero. Le esigenze di suo Padre occupano tutte le sue viscere, diventano suo bisogno, suo cibo, senso ultimo e definitivo del suo esistere. Gesù sa di non essere un messaggero di Dio, ma il messaggio stesso: Via per il Regno, Verità del Regno, Vita per il Regno. Il senso della sua venuta è il sogno stesso che Dio aveva consegnato ai profeti. Esprimerà con chiarezza questa consapevolezza quando di sé dirà: “Io sono venuto perché [le pecore] abbiano vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10).

 

L’annuncio del Regno, che è spazio di relazioni nuove, deve:

                       partire dalla Galilea;

                       proporsi, innanzitutto, agli esclusi, agli impuri, ai disprezzati.

 

 

 

 

GALILEA DELLE GENTI, LUOGO PARADIGMATICO DEL SOGNO DI DIO

 

Se la nascita e gli eventi pasquali si consumeranno in Giudea, tutto il resto della vita del Messia e il corpo del suo annuncio avranno come quadro la Galilea. Siamo in una regione frontaliera, terra di mezzo, con una popolazione mista di lingua greca e aramaica. Crocevia commerciale, vi si respirava un’atmosfera cosmopolita. L’elemento non ebraico nell’intera regione doveva essere piuttosto significativo, se Isaia (9,1) e Matteo (4,15) la chiamano Galilea dei Gentili. Presenza di contaminazioni ellenistiche le ritroviamo persino in alcuni nomi di apostoli: greco è il nome di Andrea, come quello di Filippo, originario di Betsaida.

 

Come tutte le terre di mezzo, la Galilea è attraversata da sentimenti contrastanti.

Così, la convivenza dei diversi si consuma tra integrazione e irrigidimento delle identità, tra “meticciato” e il sorgere di movimenti fortemente nazionalistici. Le ragioni profonde di questi contrasti vanno ricercate soprattutto negli squilibri sociali della regione. I Galilei sentivano di essere periferia e provavano un senso d’antagonismo verso i distanti centri del giudaismo. Gli stessi Vangeli ci attestano, sia pure indirettamente, i fermenti di rivolta che attraversavano la Galilea al tempo di Gesù, quando accennano a “quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici” (Luca 13,1). Lo storico, di origine ebraica, Giuseppe Flavio descrisse il carattere degli abitanti di Tiberiade “sempre bramoso di rivoluzione e compiacente di sedizioni”.

Agli occhi dell’establishment di Gerusalemme, ma anche nella percezione popolare del resto di Israele, i Galilei con quel loro accento particolare, per la loro feriale promiscuità con i pagani, con tutte quelle contaminazioni culturali e cultuali, erano fortemente sospetti e meritevoli di disprezzo quasi quanto gli odiati Samaritani. Comprensibile, allora, la perplessità di Natanaele riguardo all’origine galilaica di Gesù: “Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?” (Gv 1,46).

 

Il paradosso di Dio sta tutto lì, nella scelta di questa periferia della storia, del posto da cui ti aspetti il peggio, per farne l’ombelico del mondo, l’asse della creazione rinnovata, il laboratorio del Regno.

La radice della parola ebraica Galil, all’origine del nome Galilea, è la stessa di cerchio, circonferenza.

Così, se volessimo tradurre in Italiano l’espressione Galilea delle Genti, potremmo dire Cerchio delle Genti. Quasi a sottolineare che quella minuscola porzione di mondo è rappresentativa dell’insieme dell’umanità, ma anche a prefigurare quella periferia della storia come il luogo in cui i diversi potranno sperimentare l’essere tutti all’interno dello stesso cerchio. La suggestione del nome prende densità se l’applichiamo alla convocazione in Galilea che i discepoli ricevono il mattino di Pasqua. Il Signore Risorto li attende nel “Cerchio delle Genti”: lì potranno vederlo (Mt 28, 7.10; Mc 16,7).

Galilea da pura indicazione geografica si fa luogo paradigmatico del sogno di Dio, progetto di vita piena e condivisa, di fraternità universale. La terra di confine, teatro di razzie, spesso occupata dalle potenze viciniori, si trasforma nel luogo privilegiato in cui è convocata una nuova umanità riconciliata nel sangue del Figlio, servo obbediente fino alla morte e alla morte di Croce, un’umanità chiamata a scrivere una storia nuova.

 

  

La Parola m’interpella:

  

Riflettendo sui tempi che corrono

 

Mondo in fuga, società liquida, villaggio globale ... Possiamo scervellarci a cercare definizioni appropriate per descrivere la nostra epoca. Eppure, quel Cerchio delle Genti, con il suo lago, sembra essere uno specchio naturale in cui si riflettono i tempi che corrono.

Le tensioni che attraversavano la Galilea al tempo di Gesù, le sue contraddizioni, le attese che maturavano nelle sue viscere, hanno una forte assonanza con quanto noi stessi sperimentiamo. Certo, le situazioni non sono affatto le stesse, ma le dinamiche che si creavano in quel microcosmo, sembrano appartenerci non poco.

 

       La fatica del costruire una convivenza tra sensibilità religiose e culturali diverse;

        la tensione tra spinte universalistiche e l’insorgere di particolarismi;

        l’insofferenza per un centro che vuole imporre una visione della vita e del culto;

sono elementi ed atteggiamenti che noi, mondo globalizzato, condividiamo con la regione di Gesù. È in quel contesto che il Signore annuncia il Regno come vicino. A quella gente, che consuma il suo tempo tra gli estremi sopra elencati, il Messia offre i primi segni del Regno presente in mezzo a loro. La parola Galilea potrebbe guidare i passi della comunità cristiana con i tempi che corrono.

 

 

Galilea: non si tratta più di una regione geografica, ma di un luogo-evento in cui siamo perennemente convocati.

 

          Ripartire dalla Galilea.

          Dalla Galilea delle Genti.

          Dal Cerchio delle Genti.

          Dalla Gente.

Quanto è bello quel volto di Chiesa che si rivela nell’incipit della Gaudium et spes. È una Chiesa estroversa, che si riconosce nelle gioie e nelle speranze, nelle tristezze e nelle angosce degli uomini e delle donne del suo tempo. È Chiesa, che ha voglia di vibrare all’unisono con l’umanità, seduta in mezzo alla gente, semplicemente presente al fianco dei piccoli e che sa gioire per un figlio che nasce, per un lavoro alla fine trovato, per un primo bacio finalmente dato. Quanto è bella la sposa di Cristo quando sa incollare il suo corpo ai corpi degli impoveriti e sentire sulla sua pelle le ferite inferte alla carne e all’umanità dei poveri. Quanto è più vera la Chiesa di Gesù se è con respiro profumato di popolo che invoca: Venga il tuo Regno.

 

            Ripartire dalla Galilea.

          Dalla Galilea delle Genti.

          Dal Cerchio delle Genti.

          Dalle Genti.

Questa volta è al plurale. Ripartire, cioè dal mondo, dagli estremi confini della terra. Ripartire dalla Missione. Porre, ancora ed ancora, nelle nostre chiese il gesto dell’invio al mondo di evangelizzatori.

Le nostre comunità sono chiamate ad avere le radici in un piccolo angolo di terra, ma a protendere i rami verso il mondo. Servono ancora i missionari, siano essi sacerdoti religiosi o laici, perché sono questi figli e figlie della Chiesa ad imparentarla col mondo e a porre il segno della fratellanza universale.

 

Il Regno è casa di tutti gli uomini e di tutti i popoli della terra (Mt 25,32). Esso è destinato a tutti gli uomini essendo tutti chiamati ad esserne membri. Per sottolineare questo aspetto, Gesù si è avvicinato soprattutto a quelli che erano ai margini della società, dando ad essi la preferenza, quando annunciava la Buona Novella (Redemptoris Missio 14). Isaia descrive la dimensione universale del Regno con incisiva bellezza:

 

Preparerà il Signore degli eserciti

per tutti i popoli,

su questo monte,

un banchetto di grasse vivande,

un banchetto di vini eccellenti,

di cibi succulenti,

di vini raffinati.

Egli strapperà su questo monte

il velo che copriva la faccia di tutti i popoli

e la coltre che copriva tutte le genti.

Eliminerà la morte per sempre;

il Signore Dio asciugherà le lacrime

su ogni volto;

(Is 25, 6-8).

 

Domandiamoci:

 

Come lo furono i discepoli, La Chiesa stessa è convocata dal Risorto in Galilea.

Partendo da lì, regione degli insignificanti, degli inutili, degli scartati, essa è chiamata a costruire Regno

 

– Le nostre comunità come raccontano il Regno? Con quanta passione?

 

– La fraternità che sperimentiamo nelle parrocchie e nei gruppi ecclesiali è capace di far intuire il progetto del Padre di un’umanità famiglia?

 

– La qualità della nostra comunione e il modo di affrontare e risolvere i conflitti sono improntati al sogno di Dio del lupo che pascola con l’agnello, del leone che condivide l’erba con il bue?

 

– Le nostre comunità, gruppi, movimenti ecclesiali, sono luogo e protesta di giustizia laddove questa sia assente?

 

– Sul territorio, la parrocchia in che modo è segno di un Dio presente nella storia e nelle vicende di donne e uomini concreti, che lottano, che sperano, che amano, che cercano di essere felici e che a volte si disperano …?

 

– E i poveri nelle nostre chiese che posto hanno? Che ruolo gli lasciamo giocare?

 

– Gli stranieri come sono accolti e accompagnati nei loro spaesamenti, sostenuti nella loro fatica d’inserimento e di comprensione di una realtà tutta nuova per loro?

 

  

 

 

ORATIO    Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.

 

 

Manda il tuo Spirito sui giovani e sui vecchi,

sugli uomini e sulle donne,

a nord e a sud, ad est e a ovest.

 

Infondi il tuo fuoco nel cuore, nella bocca, negli occhi,

nelle mani e nelle parole di ogni uomo e donna.

 

Manda il tuo Spirito su coloro che credono, su coloro che dubitano,

su coloro che amano, su coloro che sono soli.

 

Manda il tuo Alito su coloro che costruiscono il futuro,

su coloro che mantengono i valori,

su coloro che difendono la vita,

su coloro che creano bellezza.

 

Manda il tuo Spirito sulle case, sulle città, sul mondo,

sugli uomini e sulle donne di buona volontà,

ma anche e soprattutto su coloro che brancolano nel buio.

 

Qui e ora, su di noi, manda il tuo Spirito

perché resti sempre con noi.

Amen

  

CONTEMPLATIO Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarsi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.

 È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

 

Signore, anima la mia vita di ardore gioioso;

fammi bere al calice della tua grazia

ed avrò la chiave del mistero.

 

Se adempirò tutta la legge e i precetti,

e non raggiungerò la gioia e l’ardore,

non saprò nulla del senso della vita.

 

L’ardore e la gioia mi seguano

in ogni tempo e in ogni luogo.

Con l’ardore e la gioia fammi salire

verso l’infinito di gradino in gradino.

 

Tutto mi apparirà nuovo:

il cielo di oggi e la terra di ieri,

il cielo di oggi sarà la terra di domani.

 

L’ardore e la gioia mi faranno abbracciare Te,

o Dio, senza tempo né spazio.

 

(Martin Buber)

 

Per Cristo, con Cristo e in Cristo

a te, Dio Padre Onnipotente,

nell’unità dello Spirito Santo,

ogni onore e gloria

per tutti i secoli dei secoli.

AMEN

 

ACTIO     Mi impegno a vivere un versetto di questo brano, quello che mi ha colpito di più nella meditatio, che ho ripetuto nell’oratio, che ho vissuto come adorazione e preghiera silenziosa nella contemplatio e adesso vivo nell’actio.

 Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!

 

 Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

 

Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

 

Arrivederci!

 

(ringraziamo don Amedeo Cristino per il supporto)