RITIRO ON LINE
ottobre - 2009  

 

 

Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso.

Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.

 

Renderò grazie al Signore con tutto il cuore,

annuncerò tutte le tue meraviglie.

Gioirò ed esulterò in te,

canterò inni al tuo nome, o Altissimo.

 

Il Signore siede in eterno,

stabilisce il suo trono per il giudizio:

 governerà il mondo con giustizia,

giudicherà i popoli con rettitudine.

 

Il Signore sarà un rifugio per l’oppresso,

un rifugio nei momenti di angoscia.

Confidino in te quanti conoscono il tuo nome,

perché tu non abbandoni chi ti cerca, Signore.

 

Cantate inni al Signore, che abita in Sion,

narrate le sue imprese tra i popoli,

perché egli chiede conto del sangue versato,

se ne ricorda, non dimentica il grido dei poveri.

 

Perché il misero non sarà mai dimenticato,

la speranza dei poveri non sarà mai delusa.

Sorgi, Signore, non prevalga l’uomo:

davanti a te siano giudicate le genti.

(dal salmo 9)

 

Veni, Sancte Spiritus

Veni, per Mariam.

 

 

LECTIO          Apro la Parola di Dio e leggo in piedi il brano dal Libro del profeta Isaia  (Is 65, 17-25)

 

17Ecco, infatti, io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato, non verrà più in mente, 18poiché si godrà e si gioirà sempre di quello che sto per creare, poiché creo Gerusalemme per la gioia, e il suo popolo per il gaudio. 19Io esulterò di Gerusalemme, godrò del mio popolo. Non si udranno più in essa voci di pianto, grida di angoscia. 20Non ci sarà più un bimbo che viva solo pochi giorni, né un vecchio che dei suoi giorni non giunga alla pienezza, poiché il più giovane morirà a cento anni. 21Fabbricheranno case e le abiteranno, pianteranno vigne e ne mangeranno il frutto. 22Non fabbricheranno perché un altro vi abiti, né pianteranno perché un altro mangi, poiché, quali i giorni dell’albero, tali i giorni del mio popolo. I miei eletti useranno a lungo quanto è prodotto dalle loro mani. 23Non faticheranno invano, né genereranno per una morte precoce, perché prole di benedetti dal Signore essi saranno, e insieme con essi anche la loro discendenza. 24Prima che mi invochino, io risponderò; mentre ancora stanno parlando, io già li avrò ascoltati. 25Il lupo e l’agnello pascoleranno insieme, il leone mangerà la paglia come un bue, e il serpente mangerà la polvere, non faranno né male né danno in tutto il mio santo monte», dice il Signore.

 Parola di Dio.

 

 

 

 

MEDITATIO            Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: “Il Grande Silenzio”! Il protagonista è lo Spirito Santo.

Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza.

Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarsi plasmare dal suo stesso "cuore".

  

 

Approfondimento del testo:

 

IL SOGNO DI DIO

Al di là della Gerusalemme restaurata, l’oracolo di Isaia mira al tempo futuro che deve ristabilire la prosperità e l’armonia delle origini, come lo esprimono le immagini della vita paradisiaca familiari agli antichi. Fra oracoli pieni di terrore, ecco il canto della speranza incrollabile: ci sarà un mondo rinnovato che non conoscerà più la colpa.La Chiesa aspetta per tutti gli uomini questo mondo nuovo la cui alba brilla al mattino di Pasqua.

È “Dabar di Jhavè”: è Parola di Dio, parola-evento intrisa di sogno, di progetto. È Parola che apre futuro, vibrante degli echi di nuovi inizi, di ripartenze, di vele gonfie di vento, del rumore tenero di germogli che rompono le zolle. È Parola ubriaca di vita, ma sulle labbra ha sapore salmastro di pianto. Non è difficile visualizzare l’espressione di Dio nel consegnarla al profeta: lo sguardo fisso su un punto lontano, proteso nella contemplazione di ciò che ancora non è; le labbra che lente si muovono a soffiare uno ad uno i suoni; una lacrima si affaccia al ciglio degli occhi, esita un istante e precipita a morire lontano.

Già, perché è Parola detta contemplando le ferite aperte sul corpo del primo sogno sognato da Dio quel mattino della storia, quando le sue parole divennero luce, scorza d’albero e pelle di uomo. Quando i sogni naufragano, Dio si mette a sognare più forte ancora, fino a farsi dolere la testa. 

        La terra creata per esser grembo della vita è diventata utero sterile?                Non importa: la faccio nuova.

        Il cielo pesa grave e basso sul cuore dell’uomo?                                                 Allora, lo disegno di nuovo, profondo e alto.

 

Cosa sogna Dio?

Una nuova creazione e lo fa con ostinazione, con accanimento.

Un mondo dove si godrà e si gioirà sempre della sua opera; una terra ed un cielo pieni di vita vissuta in pienezza; di un uomo e una donna che col lavoro chiamano le cose alla vita e che vedono, senza fine, eternità uscire dalle loro viscere e dalle loro mani; una realtà dove Dio e Umanità saranno così vicini che l’uno potrà udire i pensieri dell’altro.

Sogna, Dio, uno spazio di relazioni riconciliate, in cui il lupo e l’agnello troveranno normale pascolare insieme, il leone mangerà paglia come il bue.

La terra e il cielo saranno rinnovati quando il feroce deporrà la sua ferocia ed entrerà nella pelle del debole, l’oppressore in quella dell’oppresso, il carnefice in quella della sua vittima. Il Regno è il sogno capovolto di Dio, il mondo rifatto dal punto di vista della fragilità, il vecchio che diventa nuovo, l’ingiusto che si muta in giustizia, il lutto in abito di gioia.

Tale è il progetto di Dio, che vuole vita piena e felicità per i suoi figli.

Ecco, Dio fa cose nuove, una gioia mai assaggiata, spartita tra i diversi, condivisa da coloro che tutto prima opponeva. Egli cancella la memoria dolorosa di un’epoca, quando in pochi si ritrovavano a far festa dimentichi del pianto dei molti.

 

 

 

 La Parola m’interpella:

 

“IL FUTURO NON E’ PIU’ QUELLO DI UNA VOLTA”

 

La frase è scritta su un muro di Roma, sul Lungotevere.                .

Su quel muro appare di sorprendente lucidità, forse per la presenza di tanti giovanissimi che chiacchierano lì vicino approfittando del muro al quale appoggiarsi o sul quale sedersi. Potrebbero essere loro a fare l’amara constatazione.

Davvero il futuro oggi non è possibile immaginarlo come in altri tempi era dato fare. Troppe le incognite, troppi gli snodi possibili e troppe variabili indeterminate da considerare.

Sono tempi duri per maghi ed astrologhi! In altre epoche, il nuovo sapeva conservare tenaci legami di continuità con il passato: era un frutto da raccogliere domani, ma che maturava su un albero saldamente radicato nella terra del giorno di ieri. Oggi, invece, si ha l’impressione che la discontinuità predomini sulla continuità e che il tempo, più che allo scorrere inesorabile di un fiume si debba comparare ai cambi di livello in un videogame.

Il futuro non è più quello di una volta. La frase potrebbe essere vera, anche perché l’universo giovanile sembra soffrire di una severa miopia. È difficile, infatti, per un giovane veder lontano quando la parola che più caratterizza il suo domani è “precariato”.

L’incertezza del futuro e il suo incerto costruirsi generano interrogativi che restano senza risposta. Ogni domanda inevasa è fonte di inquietudine, di ansia, che è necessario evacuare. Lo stordimento per alcuni è la risposta adeguata ad un futuro fino all’ultimo ignoto. Per la maggior parte, la reazione consiste in un restringimento dell’orizzonte di vita. “Non mi piace ciò che è ormai dietro le spalle, non ho idea di ciò che mi attende, mi resta la sola certezza dell’attimo che vivo”.

La vita non è più progetto, ma successione di attimi che prendono vita e muoiono per sempre nello spazio di un istante. Aspettare domani per realizzare un desiderio è intollerabile. Nulla può essere rimandato, perché “del doman non v’è certezza”. Voglio tutto e lo voglio subito.

La crisi attuale si configura come una crisi di futuro, ma è, in realtà, crisi di ciò che la Scrittura chiama sapienza del cuore. “Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore”, recita il Salmo 89.

Nella frammentazione che contraddistingue la nostra epoca, si è smarrito il senso del destino ultimo

dell’umanità e della comune appartenenza ad un unico destino. Gli uomini e le donne di questi tempi che corrono, non sanno più contare i loro giorni, non ne conoscono il peso specifico. Non sanno, cioè, intravvedere linee di senso capaci di trasformare in storia condivisa lo spazio di una vita. La speranza, quale sguardo acuto sulla storia, capacità di vedere il vento accarezzare le spighe già al momento della semina, virtù che scalda il cuore nel gelo più crudo e che sa accendere di luce il nero più nero della notte, si rattrappisce e si frammenta in speranze minute, minuscole, tiepidi, opache.

 

        Come farsi compagni di viaggio di un’umanità a corto di futuro?

        – Come offrire sapienza ad un mondo orgoglioso delle sue conoscenze e che annega in un mare di informazioni?

        – Come aiutarlo a ritrovare cadenze di speranza?

 

Il Regno è ora.

È vivo ed operante in mezzo a noi perché, quel Gesù della Buona Novella, ha promesso ai suoi di essere con loro fino alla consumazione dei secoli.

Il Regno è presente qui ed ora, ma cresce in silenzio, come l’erba nei prati o gli alberi nei boschi. Scorre nelle vene di questa storia, invisibile ai nostri occhi di carne, perché esso è affidato ai piccoli, è affare degli ultimi, degli inutili, di quelli che nessuno vede.

Oggi, coi tempi che corrono, siamo chiamati a fermarci per cercare e raccogliere i segni del Regno dispersi nel vortice dei giorni, se ancora vogliamo nutrirci della presenza del Dio della storia e dar cibo di speranza ad un mondo che corre inutili corse in disperata solitudine.

 

 

 

 

ORATIO    Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.

 

 

Mio Dio,

fa che io mai dimentichi di ringraziarti per la mia vita.

Perché la vita è tua, Tu sei il Padre e il Padre di tutta la vita,

e sei colui che mi ha voluto come figlio,

figlio nato per la Gioia.

 

Dammi l’orgoglio di essere uomo,

l’uomo in piedi che tu desideri,

che da te accetta la meravigliosa vocazione

di farmi, di ergermi, di crescere

per incamminarmi ricco e libero

su questa strada davanti a me.

 

Concedimi di accogliere la vita con tutto il cuore,

a piene mani,

perché i miei genitori me l’hanno trasmessa con l’amore,

anche se un amore forse fragile,

e io ne sono responsabile

perché me l’hanno donata.

 

Aiutami a camminare senza voler sapere

quello che ad ogni svolta la strada mi riserva,

non con la testa tra le nuvole

ma i piedi sulla terra

e la mia mano nella tua.

 

Allora, o Signore,

uscirò da casa fiducioso e allegro e me ne andrò senza timore

per la Strada sconosciuta,

perché la vita è davanti a me

ma Tu insieme a me cammini.

 (Michel Quoist)

 

 

CONTEMPLATIO      Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarsi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù. 

È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

 

I cieli narrano la gloria di Dio,

e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento.

Il giorno al giorno ne affida il messaggio

e la notte alla notte ne trasmette notizia.

 

Non è linguaggio e non sono parole,

di cui non si oda il suono.

Per tutta la terra si diffonde la loro voce

e ai confini del mondo la loro parola.

 

La legge del Signore è perfetta,

rinfranca l’anima;

la testimonianza del Signore è verace,

rende saggio il semplice.

Gli ordini del Signore sono giusti,

fanno gioire il cuore;

i comandi del Signore sono limpidi,

danno luce agli occhi.

Il timore del Signore è puro, dura sempre;

i giudizi del Signore sono tutti fedeli e giusti,

più preziosi dell’oro, di molto oro fino,

più dolci del miele e di un favo stillante.

 

Ti siano gradite le parole della mia bocca,

davanti a te i pensieri del mio cuore.

Signore, mia rupe e mio redentore.

(dal salmo 18-19)

 

 

Per Cristo, con Cristo e in Cristo

a te, Dio Padre Onnipotente,

nell’unità dello Spirito Santo,

ogni onore e gloria

per tutti i secoli dei secoli.

AMEN

 

ACTIO     Mi impegno a vivere un versetto di questo brano, quello che mi ha colpito di più nella meditatio, che ho ripetuto nell’oratio, che ho vissuto come adorazione e preghiera silenziosa nella contemplatio e adesso vivo nell’actio. 

Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita! 

Prego con la Liturgia della Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

 

Arrivederci!

 

(ringraziamo don Amedeo Cristino per il supporto)