RITIRO ON LINE                                                                                                   
ottobre
2011  

 

Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso.   Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi.

 Parlami di Te, fratello Gesù,

 

perché mi piace sentirti raccontare.

 

Parlami di Te, fratello Gesù,

 

perché sei Parola di Dio

 

più antica del tempo

 

e più nuova di ogni futuro.

 

Parlami di Te, fratello Gesù,

 

perché non mi stancherò

 

mai di stare ad ascoltarti.

 

Parlami, fratello Gesù:

 

dimmi chi sono,

 

dimmi chi sei,

 

dimmi di un Dio

 

che si fa come me

 

per farmi come lui.

 

Parlami di Te, fratello Gesù.

 

Io sono qui.

 

 Amen.

(da “Hai un momento, Dio?”)

 

Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.

 

 

OSSERVARE

Osservare: gesto attento di chi va in cerca di qualcosa, che mette in gioco lo sguardo con tutte le sue potenzialità. Maria Maddalena ci mostra la necessità di una vista penetrante, di un occhio capace di spingersi oltre per poter esclamare, meravigliati e sorpresi dal mistero: «Ho visto il Signore!».

 

 

      

 

 

 

 

 

LECTIO   Apro la Parola di Dio e leggo in piedi il brano che mi viene proposto.   Lo sguardo oltre la notte: Mariam di fronte al Risorto.  (Gv  20, 1-18)

1Il primo giorno della settimana, Maria di Magdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.

 

2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non

 

 sappiamo dove l’hanno posto!». 3Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4Correvano insieme tutti e due, ma l’altro

 

 discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6Giunse intanto anche Simon Pietro,

 

 che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo

 

 a parte. 8Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura,

 

 che cioè egli doveva risorgere dai morti. 10I discepoli perciò se ne tornarono di nuovo a casa.

 

11Maria invece stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro 12e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. 13Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio Signore e non so dove l’hanno posto». 14Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. 15Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a prenderlo». 16Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: «Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». 17Gesù le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: “Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”». 18Maria di Magdala andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva detto.

Parola di Dio

 

 

 

 

 

 

 

MEDITAZIO   Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio !   Il protagonista è lo Spirito Santo.

 Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza.

Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".

 

 

Lo sguardo nel buio

Nel brano evangelico presentato una parola ricorre con insistenza: vedere. Siamo di fronte a un vero e proprio percorso che si snoda attraverso tre tipi diversi di percezione visiva. Si passa, infatti, da guardare (w. 1-5), a contemplare (w. 6.12.14) e infine a vedere/riconoscere (w. 8.18). Percorriamo questo itinerario, reso possibile da una purificazione dello sguardo, lasciandoci accompagnare da Maria.

Tutto accade il primo giorno, una specificazione temporale che rimanda al primo giorno della creazione, quello in cui il Signore separa la luce dalle tenebre, ma per Maria luce e tenebre non sono ancora disgiunte. La donna si muove al mattino (la traduzione CEI/1971 diceva: “di buon mattino”), all'alba, in quel breve spazio di tempo in cui la luce timidamente si affaccia, ma non ha ancora il sopravvento sulla tenebra che permane ostinata; l'evangelista specifica, infatti, che era ancora buio (tenebra). Questa è la condizione di Maria: una donna che cerca e desidera la Luce pur avendo ancora l'oscurità negli occhi.

Le tenebre che trafiggono gli occhi di Maria sono quelle del Golgota, della crocifissione e della morte. L'ultima immagine che i suoi occhi conservano è quella della morte, quella di un amore crocifisso: Maria, la Maddalena, era sul colle dell'ignominia, ai piedi della croce.

Adesso ella si muove, con gli occhi ancora abbacinati da una sofferenza atroce, in cerca di quello stesso amore e si recò al sepolcro. E’ la sua certezza: ella sa che lo troverà lì e lì lo cerca.

Andare al sepolcro è, quindi, andare verso la sicurezza di un'immagine: al sepolcro tutto sarà trovato immobile, esattamente come lo si conosce, come lo si percepisce, come è dipinto dalle nostre attese.

Giunta sul luogo della sepoltura, Maria vide. Questo è il primo vedere della Maddalena, più precisamente un guardare. L'occhio è la porta con cui percepisce il reale, ma questo occhio che guarda è ancora nell'ombra, in quella mescolanza di tenebre e luce che non permette una visione ma che, anzi, può dare una percezione distorta del reale: osservo qualcosa, ma allo stesso tempo rischio di non vedere.

 

La purificazione dello sguardo

II dramma di Maria, dramma di uno sguardo che non trova, che vede e - allo stesso tempo - non vede, è la sua "salvezza", perché apre la possibilità di un cammino di purificazione dello sguardo, una purificazione del suo osservare.

Come è possibile passare dal vedere la propria percezione della realtà, al vedere ciò che sta dentro e oltre questa stessa realtà? Siamo di fronte a un vero e proprio percorso, che coinvolge totalmente la persona, con tutti i suoi sensi: se l'occhio è come la porta della percezione aperta a ciò che ci circonda, è altrettanto vero che tutti i sensi hanno bisogno di essere educati per poter vedere il risorto.

Maria... stava all’esterno (era rimasta ferma fuori della tomba). Dopo l'affanno della corsa ora l'attesa: quando lo sguardo non riesce a vedere, a comprendere, quando lo sguardo è ancora nel buio è necessario fermarsi, non ha senso continuare a camminare. Se la corsa indica, come per la sposa del Cantico, il desiderio ardente mosso dall'attrazione, adesso siamo nel tempo dell'attesa: Maria ha capito che il suo sguardo non la porterà lontano e si ferma aspettando di essere cercata, di essere guardata a sua volta.

Così rimane vicino al sepolcro (fuori). La Maddalena non cerca i segni del suo maestro, non le interessa vedere le bende e il sudario rimasti dentro la tomba: cerca piuttosto il Signore stesso (non so dove l’hanno posto) e senza saperlo si trova proprio nel luogo giusto perché egli è ormai fuori dal sepolcro.

Là ella, sgomenta, piangeva. Le lacrime sono la strada verso la gioia. Le lacrime riempiono il tempo dell'attesa prima del nuovo incontro, della nuova visione; le lacrime purificano l'occhio, perché esistono realtà visibili solo per l'occhio che ha pianto. Allo stesso tempo, però, il pianto è come un velo che impedisce una visione nitida: la visione attraverso le lacrime è ancora distorta.

La Maddalena infatti si chinò verso il sepolcro. Non significa semplicemente "chinarsi", quanto piuttosto «chinarsi per vedere», più precisamente «chinarsi per sbirciare», «chinarsi furtivamente»: è come se Maria volesse mettere ancora alla prova il suo sguardo. Mentre la prima volta aveva osservato la pietra portata via, adesso i suoi occhi tentano di andare oltre, fin dentro il sepolcro.

Dai vv 3-10 siamo messi a conoscenza che il sepolcro conteneva i teli e il sudario dove era stato avvolto il corpo di Gesù. Un elemento rimane implicito: i lini del Signore erano intrisi di cento libbre di mirra e aloè, insieme a oli profumati; ormai tutto il sepolcro è inondato dalla fragranza di questi unguenti. Non c'è l'odore della morte; c'è solo il profumo che l'amato ha lasciato dietro di sé.

La trasformazione dello sguardo, la ricostruzione dell'immagine dell'amato, ha inizio dal suo profumo che risveglia l'attrazione per lui e consente di purificare gli occhi; il profumo infatti abitua a percepire la presenza dell'altro anche senza vedere.

Non solo il sepolcro è pieno di profumo, esso è anche pieno di luce: la Maddalena vide due angeli in bianche vesti, "contempla" quelle vesti bianche che evocano una luminosità abbagliante. Maria, affacciata sul sepolcro, è invasa dal profumo dell'amato e fissa il suo sguardo nella luce, su due angeli che all'inizio non dicono niente; semplicemente segnalano con la loro posizione dove era stato adagiato il corpo di Gesù (seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi), indicando così un'assenza: il maestro non è più lì, dove era stato.

Il sepolcro non è più il luogo del fetore e della tenebra - segni della morte -, ma è ormai luogo del profumo e della luce. Questa vita comincia a entrare nello sguardo di Maria, la quale passa dal vedere una pietra fuori dal sepolcro al contemplare dentro il sepolcro l'assenza dell'amato; lo sguardo non si ferma più alla propria percezione delle cose, ma comincia a penetrare la realtà.

Ed ecco che Maria si lascia interrogare, si lascia mettere in questione: Donna, perché piangi? Anche questo è un passo necessario affinché lo sguardo possa essere purificato.

Perché gli occhi possano penetrare dentro la realtà e coglierne il senso, intuirne la verità, bisogna lasciarsi interrogare: «Perché tu piangi?».

La risposta rivela ancora il dramma di Maria che non riesce a vedere; tuttavia c'è qualcosa di diverso rispetto a prima: adesso non dice più «il Signore», ma «il mio Signore»; e, ancora, non grida più «non sappiamo», quanto piuttosto «io non so».

Il profumo che sente, l'assenza del corpo segnalata dalla posizione degli angeli che il suo occhio pieno di lacrime riesce a contemplare, le fanno percepire un livello più profondo del reale: la sua relazione di appartenenza con colui che non c'è più; Maria tocca e ravviva la sua relazione d'amore per il Signore. E l'amore mette in gioco, inevitabilmente, il cuore.

 

Lo sguardo terso

Dopo questo primo percorso di purificazione Maria è in grado di voltarsi (si voltò indietro), cioè di distogliere gli occhi da quel sepolcro; il sepolcro adesso scompare dal testo, non è più nominato dall'evangelista, segno che è superata una certa visione della realtà per andare oltre; non a caso "voltarsi" è anche un'immagine che evoca la conversione.

Vide Gesù, in piedi. Lo sguardo di Maria contempla Gesù che sta in piedi di fronte a lei, donna anch'ella in piedi. La mente va dal giardino dove era il sepolcro, al giardino dell'Eden, dove nel tempo delle origini - e in ogni tempo - l'uomo e la donna sono l'uno di fronte all'altro; Gesù di fronte alla Maddalena ci offre l'immagine di una nuova creazione, quella in cui sta entrando Maria, che ancora contempla ma non capisce.

È importante notare come lo sguardo purificato non consente di vedere qualcosa di diverso, di altro, da ciò che c'è; piuttosto esso dona occhi nuovi per vedere l'Altro che c'è, per vedere la presenza di Cristo che sta davanti, risorto.

Perché piangi? Chi cerchi? Gesù qualifica l'attesa di Maria, il suo pianto, come una ricerca: osservare è ricercare. Non si può pretendere di andare oltre un'osservazione superficiale se non con fatica, la fatica della ricerca. La ricerca di Maria è mossa dall'amore, ed è faticosa. Una ricerca che per ora non si ferma, perché lo sguardo di Maria non ha ancora trovato chi cercava, e dunque non può arrestarsi, non può darsi pace.

Se l’hai portato via tu, dimmi... e io andrò a prenderlo. "Dimmi" è la richiesta di chi, nella verità, cerca. La ricerca non è mai generica, è mossa dall'amore verso una meta precisa: la persona dell'amato. Osservare l'altro vuol dire amarlo e ricercarlo; ma, allo stesso tempo, significa anche consentire che l'altro, alla fine, possa comunicare il luogo in cui si trova: il "dimmi" di Maria lascia spazio per una risposta.

Gesù le disse: «Maria!». Gesù chiama Maria per nome. Maria ha chiesto a Gesù dove egli si trovasse, ed egli le risponde rivelandole dove ella sia, chiamandola per nome; l'ascolto purifica l'occhio, fa cadere l'ultimo velo dalla sguardo. Non si tratta di un ascoltare qualunque, bensì di ascoltare il proprio nome pronunciato dall'altro, la propria identità che ci viene ridonata dal fratello creduto ormai morto.

Maria si volta ancora, verso dove? Possiamo pensare che si volti di nuovo verso quel sepolcro che, però, non c'è più, è scomparso perché lo sguardo guarito l'ha ormai cancellato; adesso c'è solo il vivente davanti a lei. Lo sguardo è riuscito a penetrare oltre la realtà, oltre le certezze, fino a vedere il vivente al posto del sepolcro, il risorto nello stesso luogo della morte.

Ora lo sguardo di Maria è terso, ella riconosce Gesù e lo chiama per nome: gli disse in ebraico: «Rabbunì!». La donna è entrata dentro la realtà, scorgendone la verità: il risorto in piedi lì, davanti a lei, è il suo maestro, che le parla: Non mi trattenere, o meglio, «non continuare a trattenermi»; quando lo sguardo riesce a cogliere la verità, a entrare in relazione con l'altro, a vedere la vita laddove c'era la morte, allora la tentazione è quella di trattenere.

La relazione deve essere sì totalmente coinvolgente, ma domanda castità, chiede cioè di non trattenere per sé l'altro. Lo sguardo si fa tramite di questo rapporto profondo di appartenenza, totalmente coinvolgente ma che non si appropria, perché consente di mantenere quella giusta distanza che è riconoscimento dell'altro, rispetto della sua identità e, dunque, espressione massima dell'amore.

Va'... e di' loro. Chi ha osservato, chi ha finalmente visto l'opera di Dio, chi è riuscito a entrare dentro la realtà oltre la pietra del sepolcro e ad attendere che lo sguardo fosse purificato per vedere il risorto, allora non può non essere testimone. E Maria di Magdala andò ad annunciare. Il frutto dell'osservare è la fedeltà a colui che si è osservato. Osservare, tanto in italiano quanto in ebraico, significa sia guardare con gli occhi che essere fedeli a qualcosa (posso osservare un tramonto, oppure osservare i comandamenti di Dio). Questa doppia possibilità di senso ci fa cogliere come, di fatto, la verità dello sguardo si misura, nel concreto, con la fedeltà a colui che ho visto. Se veramente gli occhi sono riusciti ad andare oltre la scorza della realtà per attingere la verità, per sfiorare il mistero, allora l'azione conseguente sarà fedele al mistero che gli occhi hanno scorto. Purificare lo sguardo per spalancare gli occhi sul mistero dell'altro implica, di fatto, fedeltà al fratello che mi sta davanti.

Maria che annuncia: Ho visto il Signore. È un vedere diverso da tutti gli altri, è il vedere della fede, cioè il vedere che sa leggere la realtà, il vedere che coglie il signi­ficato profondo dei fatti e delle persone, il vedere che va oltre, dentro le cose, le osserva per poter affermare alla fine: «Ho visto il Signore!».

 

Conclusione

Maria ci rivela che osservare significa fare esperienza del divino a tutto campo: nel momento della notte, nel momento dell'attesa e della purificazione, ma soprattutto fare esperienza di Dio nel fratello, nel sepolcro del fratello.

Osservare è l'atteggiamento profetico della sentinella che è chiamata a vedere lontano, a puntare lo sguardo dove non arriva lo sguardo degli uomini, che è chiamata a spalancare gli occhi nella notte. Spalancare gli occhi nel buio per poter rispondere, per poter alleviare l'angoscia di chi non vede oltre la notte, l'angoscia del mondo, degli uomini, per una notte che spesso sembra non finire mai. Spalancare gli occhi nel buio, purificarli e attendere, per poter consolare l'attesa di chi non può vedere, annunciando la speranza: «Ho visto il Signore».

 

Per la riflessione

Ripercorro con Maria di Magdala il suo itinerario di purificazione dello sguardo, di uno sguardo che non riesce ad andare oltre ciò che vede, oltre le proprie certezze, attraverso:

L’attesa: Maria mi invita ad attendere con lei. Quanto è pesante l'attesa laddove non vedo! Maria mi chiede di rimanere nel luogo dell'oscurità.

II pianto: restare in questo luogo dell'oscurità, attendere accanto a un sepolcro, accanto a una realtà oltre la quale non riesco a vedere niente, fa sgorgare il pianto; non è facile rimanere nelle tenebre, è doloroso. Percepisco la sofferenza dello sguardo che non buca il muro della morte e dell’impotenza. Può essere più comodo e in­dolore accontentarmi di una visione superficiale (fermarmi alla pietra) e andarmene, senza rimanere...

II profumo dell'amato: Maria mi insegna che la guarigione dello sguardo inizia attraverso ciò che è invisibile, impercettibile, ad esempio attraverso un profumo. Quando l'osservare diventa impossibile, Maria mi invita a cogliere i segni impercettibili dell'amore, il profumo dell'amore...

Lasciarsi interrogare: per osservare è necessario lasciarsi mettere in discussione dall'altro: quante volte penso che un errore di valutazione, un'osservazione errata è "colpa" della realtà così come è, e non del mio sguardo ancora velato, il quale non riesce ad andare oltre le pietre. Perché piangi? Perché il tuo occhio è velato? Maria mi invita a cercare dentro di me queste ragioni.

L'appartenenza: per poter osservare e andare oltre la prima visione superficiale, Maria mi insegna che è necessario percepire l'appartenenza all'altro («il mio Si­gnore»), la mia relazione con lui, lasciare che l'altro mi appartenga e io appartenga all'altro, rinnovare la mia relazione di alleanza con lui.

Lo sguardo che non trattiene: mi fermo di fronte alla tentazione di trattenere. Trattenere è consolante: dopo la solitudine della ricerca, finalmente si può tenere ciò che è stato trovato. Ecco, il Signore mi invita piuttosto a non trattenere.

Osservare e fedeltà: ogni volta che non vado oltre la prima percezione della realtà, che non faccio un cammino di purificazione dello sguardo, di fatto viene meno la mia fedeltà nei confronti del fratello. Rimango per un attimo a considerare le mie infedeltà: ogni volta che non accetto di attendere per vedere, ogni volta che non accetto di piangere per vedere, che non mi lascio interrogare per vedere, ogni volta che non mi volto indietro per vedere, ogni volta che non cerco...

Osservare e vedere il Signore: cerco di testimoniare agli altri la presenza del Risorto dentro la realtà o il fratello che ho osservato? Annuncio agli altri: «Lì c'è il Signore»?

 

ORATIO    Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.

 Ad ogni Pasqua la liturgia della Chiesa

mi mette davanti al tuo sepolcro vuoto, o Gesù.

Come Maria Maddalena, anch'io rimango smarrito

di fronte alla pietra ribaltata del tuo sepolcro.

Due sentimenti contrapposti si agitano nel mio cuore:

da una parte vorrei credere alla tua risurrezione

e lasciarmi invadere dalla gioia,

dall'altra mi assale il terribile dubbio:

e se fosse tutta una illusione?

L'assenza del tuo corpo mi induce a pensare

che qualcuno ti abbia sottratto per sempre

e che tutte le tue promesse

si siano dissolte come bolle di sapone.

Perdonami se sono lento a capire

e tardo nel cuore a credere.

Vedi, Gesù, per me non è facile credere;

i segni della tua risurrezione mi appaiono

labili, evanescenti, equivocabili,

mentre il vento gelido

della morte e degli egoismi soffia così forte!

Solo la fede mi fa entrare nel mistero

ed io, purtroppo, ne ho molto poca.

Io credo, voglio credere con tutte le mie forze,

ma tu vieni in aiuto alla mia debolezza.

Donami la grazia di lasciarmi

guidare dalla tua Parola,

affinchè i miei occhi si aprano.

(don Canio Calitri)

 

CONTEMPLATIO     Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.

 È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

 

 Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,

nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria

per tutti i secoli dei secoli. AMEN

 

 

 

ACTIO     Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.

Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!

Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

Arrivederci!

 

(spunti da un percorso formativo della Caritas Italiana)