RITIRO ON LINE                                                                                                   
ottobre
2014  

 

Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso.   Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi. 

 

 

Lo so, Padre,

che il mio tempo è prezioso ai tuoi occhi

perché ti sono figlio.

Un figlio voluto con amore,

teneramente concepito e pensato

da tempo immemorabile

dato alla luce e chiamato per nome

con giubilo festoso.

 

Un figlio con ogni cura seguito,

anche quando è affidato

ad altre mani premurose.

Un figlio cercato in ogni abbandono,

anche quando per sua iniziativa

si è perduto.

Un figlio generosamente consegnato

alla libertà

e alla responsabilità

che lo rendono uomo e donna.

 

 

(Carlo Maria Martini)

 

  

Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.

 

 

 

LE VIE PER LA FELICITA’

 Nelle beatitudini Gesù indica il cammino verso la vera felicità, che non è un sentimento bensì un’attitudine; non si basa su ciò che si possiede, ma su una gioia interiore, ben più profonda, che possiamo incontrare nell’intimo di noi stessi.

L’OTTAVA VIA: LA PERSECUZIONE

PER LA GIUSTIZIA

 

         

 

 

 

 

 

 

LECTIO  Apro la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti.   

 

Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi. (Matteo 5,10-12)

 

 

“Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto. Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: "Che cosa facciamo? Quest'uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione". Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell'anno, disse loro: "Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!". Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell' anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo. Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli.

Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: "Che ve ne pare? Non verrà alla festa?". Intanto i capi dei sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunciasse, perché potessero arrestarlo” (Gv 11,45-57).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MEDITATIO   Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio !   Il protagonista è lo Spirito Santo.

 Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".

 

 

Ottava via: la persecuzione a causa della difesa della giustizia

«Beati  i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli». (Mt 5,10)

 Gesù loda coloro che a causa della difesa della giustizia vengono perseguitati.

La persecuzione è latente nella Sacra Scrittura, dove incontriamo diversi passi in cui si parla della sofferenza del giusto perseguitato.

 

Gesù non enfatizza la persecuzione in sé ma quella che consegue alla difesa della giustizia, che non ha di mira il proprio interesse (o l’interesse di un gruppo) bensì il bene comune. Chi perseguita, lo fa per mettere a tacere l'altro, mediante minacce fisiche o psicologiche; l'obiettivo è di intimorire colui che denuncia.

Ma gli ideali che muovono coloro che chiedono giustizia, in generale fanno sì che essi non si intimidiscano facilmente; anzi, la loro protesta tende ad aumentare, e per questo le minacce si trasformano in fatti e vengono portate a esecuzione.

 

Molti perseguitati a causa della giustizia pagano con la propria vita e finiscono per essere martirizzati.

Oggi il martirio sembra cosa più rara, ma continuano ad essere molti quelli che giornalmente spargono il loro sangue in difesa di ciò che è giusto per l'umanità.

Non possiamo restringere il martirio o la persecuzione a un'azione diretta, pubblica. Nella società mediatica nella quale viviamo esiste una persecuzione subliminare. Tra le righe dei notiziari, dei libri, dei film, i cristiani che lottano in difesa della vita e della giustizia sono costantemente presi di mira (altrettanto si può dire per tante persone di “buona volontà”, anche se al di fuori delle comunità di credenti).

 

I mezzi di comunicazione oggi sono concentrati nelle mani di pochi che vogliono avere sempre più potere. In questi mezzi non c'è neutralità, non c'è ingenuità: tutto ciò che viene veicolato è sempre pianificato. La Chiesa, nel difendere la vita e la giustizia, è un sassolino nella scarpa di molti potenti. In questo caso la persecuzione è inevitabile, ma non è sempre fatta in modo evidente; viene perpetrata con piccole informazioni al ritmo di contagocce che penetrano insensibilmente nella testa del pubblico.

Possiamo dire che i martiri cristiani oggi sono molti, non tanto di morte fisica ma di morte psicologica: senza spargimento di sangue, la loro vita viene distrutta con false testimonianze e calunnie.

 

In ambito quotidiano, ogni cristiano che alza la sua voce in difesa della giustizia diventa una minaccia; per questo si formerà una "opposizione" che vorrà chiudere la bocca al "profeta". E ciò può avvenire anche dentro le nostre comunità.

Gesù ha detto che nessun profeta è accetto in patria.

La gente preferisce discorsi “dolci", zuccherati, che fanno del cristiano un remissivo che balla secondo la musica. Se essere cristiano è imitare Gesù, allora una Chiesa che dimentica di essere se stessa non è cristiana.

 

Se crediamo e professiamo la nostra fede, è impossibile che non siamo perseguitati. Se i nostri discorsi e il nostro modo di vivere ricevono soltanto applausi, c'è qualcosa che non va, in noi o nel nostro credere.

 

Comprometterci, essere segno

La fedeltà al vangelo richiede che ci compromettiamo, le nostre opere sono segni di ciò che crediamo. Gesù è stato così (leggi Gv 11,45-57).

 

La felicità nelle persecuzioni a causa della giustizia

Il testo che citiamo è una lettera di commiato, che i Missionari Clarettiani chiamano Testamento. Nel 1936, durante la guerra civile spagnola, la Chiesa fu perseguitata.

 Centinaia di cristiani subirono il martirio; tra loro, una comunità religiosa di giovani che si preparavano al sacerdozio e alla consacrazione religiosa.

La maggior parte di loro sognava di andare missionari in Cina. Cinquantuno di questi martiri sono stati beatificati da Giovanni Paolo II nel 1992 e sono conosciuti come Martiri clarettiani di Barbastro.

Il loro Testamento è una testimonianza di fedeltà alla Parola di Dio di chi è nella gioia anche in situazione di persecuzione:

Cara Congregazione,

l'altro ieri, 11 agosto, sono morti con la generosità dei martiri sei nostri fratelli. Oggi, 13 agosto, hanno ottenuto la palma della vittoria venti, e domani, il 14, aspettiamo di morire i ventuno che restano. Gloria a Dio! Gloria a Dio!

 

Passiamo la giornata incoraggiandoci per il martirio e pregando per i nostri nemici e per il nostro caro istituto. Quando arriva il momento della designazione delle vittime, c'è in tutti una santa serenità e il desiderio di udire il proprio nome per mettersi nella fila degli eletti; aspettiamo il momento con generosa impazienza, e quando arriva abbiamo visto qualcuno baciare le corde che lo legavano, e altri rivolgere parole di perdono al gruppo degli armati; mentre vanno sul camion verso il cimitero udiamo il grido "Viva Cristo Re!". Sono tuoi figli, cara Congregazione, questi che tra pistole e fucili osano gridare sereni andando al cimitero: "Viva Cristo Re!".

 

Domani ci andremo noi che ancora restiamo.

Moriamo tutti contenti senza che nessuno provi scoraggiamento e pentimento; moriamo pregando tutti Dio perché il sangue che uscirà dalle nostre ferite non sia un sangue vendicatore, ma un sangue che entrando rosso e vivo nella terra provochi lo sviluppo della fede in tutto il mondo. I martiri di domani, 14 agosto, ricordano che muoiono alla vigilia dell'Assunzione; che regalo è questo! Moriamo perché portiamo la veste talare e moriremo proprio lo stesso giorno che l'abbiamo vestita.

I Martiri di Barbastro

 

Anche nel giudice Rosario Livatino ritroviamo la serenità di accettare la persecuzione, per la giustizia illuminata dalla fede:

Rosario Livatino nasce a Canicattì (Agrigento) il 3 ottobre 1952.
Negli anni del liceo si dimostra aperto ai bisogni degli altri, alla luce della fede che lo anima. 
Per il liceale affascinato da Dio arriva il giorno fatidico della scelta: che cosa farà da grande? E non ha alcun dubbio: farà il giudice. 
Nel ‘78, a ventisei anni, può coronare il suo sogno. Sulla propria agenda quel giorno scrive con la penna rossa, in bella evidenza: “Ho prestato giuramento; da oggi sono in Magistratura”. E poi, a matita, vi aggiunge: “Che Iddio mi accompagni e mi aiuti a rispettare il giuramento e a comportarmi nel modo che l’educazione esige”.
Livatino avverte in maniera molto forte il problema della giustizia e lo assume come una vera missione.

Il 29 settembre 1979 Livatino entra alla Procura della Repubblica di Agrigento come Pubblico Ministero. Per la sua abilità, intelligenza, professionalità, comincia a diventare un punto di riferimento per i colleghi della Procura. 
Da Canicattì tutte le mattine raggiunge la sede del Tribunale, ad Agrigento: una manciata di chilometri percorsi con la sua utilitaria. Prima di entrare in ufficio, la visita puntuale alla chiesa di S. Giuseppe, vicino al Palazzo di Giustizia, dove si ferma a pregare; quindi, il lavoro indefesso al Tribunale fino a sera inoltrata. 

Il suo sincero senso del dovere messo al servizio della giustizia ne fa il “missionario” del diritto e della giustizia. Per la profonda conoscenza che ha del fenomeno mafioso, gli vengono affidate delle inchieste molto delicate. Entra così inevitabilmente nel mirino di Cosa Nostra…
Domanda che gli venga affidata una difficile inchiesta di mafia perché è l’unico tra i sostituti procuratori di Agrigento a non avere famiglia: con fiducia totale si affida nelle mani di Dio. 
Ma Rosario non era un eroe: faceva semplicemente il suo dovere. E lo faceva coniugando le ragioni della giustizia con quelle di una incrollabile e profondissima fede cristiana.
21 settembre 1990. Mancano appena due settimane al suo trentottesimo compleanno. Alle 8.30 sta percorrendo, come fa tutti i giorni, la statale 640 per recarsi al lavoro presso il Tribunale di Agrigento. Viene raggiunto lungo la strada da un commando e barbaramente trucidato.
Un’ondata di commozione in quei giorni percorse il nostro Paese, nell’apprendere la sua storia dalle pagine dei giornali. L’Italia avrebbe scoperto nel sacrificio del “giudice ragazzino” l’eroismo di un giovane servitore dello Stato che aveva vissuto tutta la propria breve vita alla luce del Vangelo. 

“Un martire della giustizia e, indirettamente, anche della fede…”, ha detto di lui Giovanni Paolo II il 9 maggio del 1993, in occasione della sua visita pastorale in Sicilia. 

 

 

Il frutto: di essi è il Regno dei Cieli

Quando usiamo l'espressione "Regno di Dio", ci riferiamo a un regno in cui è Dio che regna. Così possiamo riferire il Regno sia alla vita celeste che a quella terrena. Ma quando parliamo di Regno dei Cieli allora parliamo, soprattutto, del paradiso promesso da Gesù.

La nostra vita non avrebbe senso se la nostra meta non fosse il paradiso. Credere nella vita eterna è desiderare di stare con Dio per tutta l'eternità. È difficile descrivere il cielo, poiché siamo su un altro piano esistenziale; ma questo non deve affievolire la nostra fiducia nella promessa di Gesù:

 

“Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: "Vado a prepararvi un posto"? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via”. (Gv 14, 1-4)

 

Nell'ottava beatitudine Gesù afferma che il regno dei cieli sarà di coloro che sono perseguitati a causa della giustizia. Il Maestro stabilisce un forte parallelo tra ciò che facciamo qui per instaurare nel nostro tempo gli ideali di uguaglianza e di fraternità e ciò che andremo a vivere nell'eternità. Così comprendiamo perché il Regno dei Cieli sarà di questi beati, poiché la sede della giustizia è in verità il vivo desiderio di far sì che il mondo sperimenti "qui e ora" ciò che il Signore ha preparato per ciascuno di noi dopo la nostra morte.

Nel passo evangelico del “giudizio finale” (Mt 25, 31-40) Gesù dice chiaramente a tutti i suoi discepoli che saranno accolti in cielo tutti coloro che si impegnano a vedere negli altri l'immagine di Dio, e per questo operano nella promozione della vita, nella realizzazione della giustizia. Questo passo biblico dovrebbe essere la base del nostro esame di coscienza quotidiano, poiché Cristo non ha alcuna incertezza nel dichiarare che i giusti erediteranno la vita eterna. Vale la pena leggerlo spesso, come criterio di valutazione della nostra vita:

 

 “Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: "Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi". Allora i giusti gli risponderanno: "Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare', o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?". E il re risponderà loro: "In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25, 31-40).

 

  

    

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ORATIO    Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.

 

 

Che bello! Signore del tempo:

è tempo di giustizia!

La giustizia tanto cercata

nella terra degli umani troppo umani.

La vera giustizia: parola difficile

per noi ancora troppo peccatori.

Verità e giustizia Stanno insieme,

l’una vivifica l’altra,

l’assenza di una mortifica l’altra.

Che Bello!

Oggi ci ricordi,

tutto ciò che abbiamo dimenticato.

Ci ricordi che giustizia è silenzio,

è timore, è promessa.

 

Che verità è parola sussurrata, è azione,

è adempimento.

Che bello!

Giustizia e verità sono alla nostra portata

perché frutto di parole silenziose

che penetrano nel cuore,

non rompono i timpani,

frutto di attenzione che  accarezza il bisogno,

non impongono con la forza la certezza,

frutto di totale fiducia di chi cerca il  prossimo,

non desiderio di possesso sull’altro.

E tutto ciò era fin da principio.

Questa è giustizia e verità.

 

(liberamente tratto da una preghiera di Alberto Signorini )

 

 

 

CONTEMPLATIO     Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.

 È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

 

Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,

nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.

Amen

 

 

 

ACTIO     Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.

Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!

Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

Arrivederci!

  

(spunti liberamente tratti da una riflessione di padre Erlin, missionario claretiano)