RITIRO ON LINE
gennaio - 2006  

 

 

 

RIMETTI A NOI I NOSTRI DEBITI

 

“Se non perdoni il tuo nemico,

divieni tu nemico di te stesso…

Egli ti ha danneggiato sottraendoti forse del denaro,

ma tu ti defraudi negandoti la misericordia”.

(S. Agostino)

 

 

“Signore…”

Noi vogliamo venire dietro a te, Gesù.

vogliamo continuare a seguirti,

passo, passo,

sulla via della Croce

portando nel cuore ogni fratello come amico.

Noi vogliamo essere per te amici fedeli

ma tu, Signore Gesù,

non permettere che ci lasciamo afferrare

dalla paura e dalla stanchezza.

Infondici l'ardore del tuo Spirito

per aderire a Te e con Te dare la vita

in forza di quell'amore più grande

che abbraccia ogni creatura.

Amen.

(Anna Maria Canopi)

 

Introduzione:

Fin da bambini, se abbiamo avuto la fortuna di vivere in una famiglia cristiana, siamo stati abituatati a recitare le preghiere del mattino e della sera. C’è in questa pratica cristiana un’intuizione religiosa profonda: è estremamente significativo che la propria giornata si apra e si chiuda nel nome del Signore.

Il risvegliarsi è come un rinascere alla vita, l’addormentarsi è come un accomiatarsi dalla vita, dalle persone e dalle cose; che questi gesti si vivano immersi in Dio, alla sua presenza, è un modo effettivo di dire al Signore: “Tu hai diritto di dominare sull’intera mia esistenza”.

 

In concreto, come inaugurare un nuovo giorno e come terminarlo nel nome del Signore? Certo, si possono recitare le preghiere del buon cristiano che la Chiesa ha sempre suggerito. Ma ogni tanto è opportuno dare anche un timbro più personale, più spontaneo alla propria preghiera.

 

Ad esempio, al mattino: “Signore, un nuovo giorno! Te lo offro fin d’ora; fa che esso sia vissuto nel tuo amore. Aiutami ad essere un segno della tua presenza e della tua bontà per quanti incontrerò oggi; che per nessuno risulti motivo di sofferenza e di scandalo”.

 

Alle sera: “Signore, ti ringrazio per i doni di cui mi hai colmato questa giornata; ti chiedo perdono per il male che ho potuto seminare attorno a me. Sì, ho incontrato anche qualcuno che mi ha arrecato dei torti; Signore, gli concedo il perdono dal profondo del cuore”.

 

Per dare continuità all’atteggiamento di preghiera con cui aprire e chiudere la giornata può servire la pratica del cosiddetto “minuto per Dio”.

Un minuto ogni ora, tra un’occupazione ed un’altra, raccogliendoci in noi stessi, aprendoci al ricordo di Dio, ripetendo l’offerta della nostra vita. Questo ritemprarci in Dio, più volte al giorno, ci porta a vivere la nostra giornata sotto il suo sguardo e in comunione con Lui. Questo tempo offerto a Dio, non è in realtà sottratto a noi, anzi ritorna in benedizione sulla nostra vita. Nel nostro agire, alla tensione subentra la serenità, all’assillo subentra l’abbandono, alla prigionia delle scadenze e dell’urgenza, la libertà di vivere con un perché profondo e pacificante.

 

 

Ascolto della Parola di Dio

A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. (Mt 18,23-25)

 

 

Per la riflessione…

 

Il brano del vangelo di Matteo che abbiamo letto ci colloca nella prospettiva giusta per comprendere l’invocazione del Padre Nostro su cui meditiamo.

 

 

Þ     “I nostri debiti”:    il primo elemento di quest’invocazione-richiesta che attira la nostra attenzione è il temine “debiti”. È ovvio che si tratta dei debiti che abbiamo accumulato nei confronti di Dio. I debiti che noi contraiamo quotidianamente con Dio dipendono dalla distanza che separa ciò che siamo e viviamo da ciò che Dio attende ed esige da noi. Dio Padre chiama ogni cristiano ad imitare Gesù Cristo: abbiamo il “debito” di seguire questa vocazione. In realtà, tutti, nessuno escluso, ci ritroviamo continuamente in debito nei confronti di Dio, perché incapaci di fare nostro l’esempio di Gesù, incapaci di amare Dio e i fratelli come fatto Lui.

La prima condizione perché possiamo pronunciare quest’invocazione con sincerità è il riconoscimento leale della nostra condizione di peccatori.

Chi crede di essere giusto si illude e impedisce a Dio di raggiungerlo con il suo perdono. “Chi può presumere che la sua vita sia tale da non aver bisogno di perdono, se non un superbo?” (S. Agostino). La richiesta di perdono manifesta la disponibilità ad accogliere questo perdono.

 

 

Þ     “Rimetti a noi”:    la seconda convinzione che ci deve animare nel pronunciare quest’invocazione è che Dio è disposto a perdonarci. L’intera Bibbia, attraverso pagine commoventi e stupende, documenta questa volontà di perdono da parte di Dio. Le citazioni si potrebbero moltiplicare. Il Signore passò davanti a lui proclamando: “Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà, che conserva il suo favore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione”. (Es 34,6-7). “Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.” (Rm 5,8).

Il perdono, come dice l’etimologia, è un dono al superlativo, perché offrendoci il suo perdono, Dio ci ama in un momento in cui non c’è nulla di amabile. Paradossalmente Dio è tanto Dio come quando perdona. Amare ciò che non è amabile, e renderlo amabile attraverso questo amore: questo è veramente tipico di Dio. Il perdono è l’espressione dell’amore perfettamente gratuito, è onnipotenza d’amore, è amore senza limiti. Chiedendo a Dio “Rimetti a noi i nostri debiti”, noi gli chiediamo di mettere in azione quest’amore senza limiti, pur riconoscendoci di fronte a Lui in colpa, in debito, in torto. È nell’instancabile pazienza del suo perdono che noi misuriamo il suo amore infinito.

 

 

Þ     “Come noi li rimettiamo ai nostri debitori”:    queste parole non vanno fraintese. Non è che il perdono che noi accordiamo ai nostri fratelli sia la causa del perdono che Dio accorda a noi, o il modello a cui Dio si ispira per perdonare a noi, per cui quanto più noi perdoniamo, tanto più Dio perdona a noi. Non siamo noi a dare l’esempio a Dio. Il perdono è un suo atteggiamento essenziale, costante. È vero invece che la disponibilità a perdonare gli altri è la condizione perché il perdono di Dio possa raggiungerci. Se questa disponibilità manca, noi ci autoescludiamo dal perdono di Dio. L’infinita misericordia di Dio trova un ostacolo insuperabile nel nostro atteggiamento di chiusura nei confronti del fratello.

Sembra impossibile dimenticare certi torti ricevuti. Bisogna in proposito distinguere tra perdonare, rinunciando a vendicarsi, e dimenticare, o non sentire più il bruciore di un’offesa subita. A volte spegnere questo istintivo moto di reazione e di ripulsa appare davvero difficile e non è umano farlo.

Perdonare è sempre possibile: basta attingere la forza per esercitare la forza per esercitare il proprio piccolo perdono nel grande perdono di Dio, sempre all’opera nei nostri confronti.

Quasi a conferma delle possibilità di vivere questo atteggiamento, porto alcune testimonianze di cristiani del nostro tempo, e chissà quante ne potete portare anche voi.

 

Scrive Eva, due fratelli uccisi: “La vita senza perdono è invisibile. Tutti abbiamo bisogno di perdono. Una giustizia senza clemenza si degrada. Un uomo senza perdono non vive. L’odio e la vendetta non pagano. Trasformiamo un paese in un recinto di belve. E io non voglio che Mamoiada diventi così. La morte chiama la morte e con queste tragiche catene di sangue si allargano i cimiteri. Occorre spezzare queste catene e il perdono è lo strumento migliore per farlo”.

 

Giovanna, un figlio ucciso. Al vescovo di Nuoro, che le porta il conforto di una parola di carità cristiano, dice: “Monsignore, ho recitato il rosario per l’assassino di mio figlio, perché si converta e non compia più crimini”. E nel primo anniversario del delitto, viene posta una lapide con un’epigrafe sulla tomba dell’ucciso, come se fosse lui a parlare: “Vi perdono tutti, da fratello, come ho perdonato in vita”.

 

Tonina, marito e figlio uccisi, dice: Auguro a chi ha ucciso mio marito e il ragazzo, di avere un figlio come Bernardo, di vederlo crescere laborioso e buono come era lui, e così poter riflettere sul crimine compiuto. La vita è nelle mani di Dio, l’uomo non ne può disporre. Noi non ci vendicheremo, anche se sollecitiamo la giustizia degli uomini”.

 

 

Per la preghiera…

O Cristo,

Signore della conversione,

apri il mio cuore al tuo giorno:

sia per me giorno di perdono

e di tenerezza.

Se guardo i miei peccati,

chi può resistere davanti a te?

Purificami, salvami;

strappami dalle forze del male,

liberami dalle divisioni,

unifica il mio essere

e la mia vita.

 

Donami la forza e la grazia,

perché contemplando le tue meraviglie,

avanzi verso la tua gioia.

Mi hai dato il pane di vita

come provvista per il cammino

e annuncio del tuo ritorno:

fa' che mi trovi

nell'azione di grazie,

trasfigurato dalla luce

del tuo perdono

e dalla gioia di ritrovarti.

(Pierre Griolet)

 

Maria,

Madre del perdono,

prega per noi.

 

 

Per il mese…

Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!

 

Cerco ogni giorno di trovare un po’ di tempo per pregare, anche solo per ruminare la frase che il Signore mi ha indicato nella riflessione.

 

Prego con la Liturgia della Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

 

Concludo il momento di preghiera recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

 

Arrivederci!