RITIRO ON LINE                                                                                                   
settembre
2015                                  

                                                                                                                                                                                                                                               

 

Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso.   Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi. 

 

La mia casa è tutta sottosopra.

Non è pronta per gli ospiti.

Non è pronta nemmeno per me.

Signore Gesù, perché vuoi entrare?

Che cosa pensi di trovarci?

Non ho nulla di buono da offrirti:

la dispensa è vuota,

i letti sono da rifare,

la polvere è ovunque,

i piatti ancora da lavare.

E io non sono meglio.

Perché vuoi venire proprio a casa mia?

Sai che non sono un uomo buono.

Sai che non sono un uomo onesto.

Tuttavia, se proprio insisti

e se non hai paura di inciampare

nei miei peccati sparsi sul pavimento,

sappi che sei il benvenuto.

Oggi sarà per me un giorno nuovo.

Oggi non avrò paura di iniziare

le grandi pulizie.

Oggi non avrò vergogna della gente.

Se proprio vuoi,

entra nella mia vita

e fanne qualcosa di meglio.

Siediti pure alla mia tavola.

Io metterò i bicchieri

e tu li riempirai

con il vino buono della salvezza.

 

(da “Hai un minuto, Dio?”)

 

 

 Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.

 

 

 

Con il Ritiro On Line di questo mese iniziamo una serie di lectio che ci porteranno passo dopo passo a incontrare

 

Gesù Risorto fra poco più di sei mesi. Un viaggio nei giorni del mistero pasquale, nel cuore della fede cristiana.

 

Don Angelo Casati, della Chiesa di Milano, ci accompagna nei giorni cruciali della vicenda di Gesù, nel luogo

 

decisivo di ogni incontro con Lui, con le sue meditazioni tinte di una luce delicata e poetica.

 

Buona meditazione e buona preghiera.

 

LA CENA DEL PROFUMO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LECTIO  Apro la Parola di Dio e leggo in piedi il brano che mi viene proposto (Gv 12,1-11).

 

1Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betania, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. 2E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. 3Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. 4Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: 5«Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». 6Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. 7Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura. 8 I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».

9Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. 10I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, 11perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MEDITATIO   Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio !   Il protagonista è lo Spirito Santo.

 Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".

 

 

La cena di Betania

 

A introdurci in una meditazione, lungo i giorni della Settimana detta santa, il racconto di una cena, la cena di Betania. Introduzione dovuta, si potrebbe pensare, se si

 

vuole accompagnare il Signore Gesù, in questo suo estremo passaggio, secondo la cadenza dei giorni: "Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betania, dove si

 

trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti." scrive Giovanni.

 

lntroduzione affascinante se si pensa come questa cena sveli i pensieri del cuore, sveli la qualità delle relazioni. La cena di Betania sembra dirci una cosa importante:

 

che una Pasqua avvenga o al contrario faccia naufragio, al di là della cadenza cronologica, dipende dalla relazione, dalla fede, dalla qualità della relazione che ci lega

 

a Gesù.

 

 

Le relazioni tra i presenti

 

L'episodio di Betania vede un incrociarsi di relazioni, le più diverse, in quella sala del banchetto. La curiosità dei molti, poco fuori la sala, vogliosi di vedere il Rabbi che

 

ha chiamato l'amico dalla tomba, la pervicacia spietata dei capi religiosi che lo stanno braccando, il silenzio sorprendente di Lazzaro (“Lazzaro era uno dei

 

commensali”), l'attivismo frenetico di Marta (“Marta serviva”), la mentalità mercantile dei discepoli (“Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non

 

si sono dati ai poveri?) e il gesto tenero di Maria, che unge i piedi di Gesù con un olio costosissimo, da capogiro, e li asciuga con i suoi capelli (“Maria allora prese

 

trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel

 

profumo. “).

 

Enorme distanza, siderale distanza, da un lato i personaggi dentro e fuori la sala, dall'altro la donna del profumo. Una cosa accomuna, pur con gradazioni diversissime,

 

tutte le relazioni, all'infuori di quella di Maria: non vanno al cuore, non vanno al cuore del mistero, del mistero di Gesù.

 

 

Lontani dal cuore del mistero?

 

E ci verrebbe da dire: passi, lo potremmo anche capire, che al cuore di Gesù non arrivino i suoi nemici, esautorati da quel Rabbi sovversivo, potremmo anche capire

 

che estranei rimangano i curiosi della folla in ricerca pruriginosa di segni eccezionali (“Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e

 

accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti.“). Ma il problema si fa più angosciante, più triste, quando lontani dal

 

cuore del mistero di Gesù, alla periferia, appaiono i suoi amici. Perché quella di Betania era una casa di amici e lui andrà, quasi ogni sera, in quella casa. Andrà a

 

prendere un po' di fiato, un briciolo di vicinanza, un sorso di coraggio nei giorni precedenti la Passione. E che bello che Gesù sia così, come uno di noi in cerca di

 

amici!

 

Casa di amici e a far contrasto il silenzio di Lazzaro e le mille cose di Marta, come assenti là dove è in questione il cuore. Ecco perché questa cena alla soglia della

 

Settimana Santa insegna. Ci interpella su come noi ci introduciamo in questa settimana che chiamiamo santa. Noi vi entreremo, come nella sala del banchetto di

 

Betania, ma potremmo esserci rimanendo alla periferia, senza entrare in una relazione, muti come Lazzaro o lontani nelle mille cose come Marta.

 

Fa problema l'atteggiamento di Lazzaro e di Marta, ma fa problema, e inquietante, anche l'atteggiamento dei discepoli . Parlo al plurale, perché a qualcuno viene

 

spontaneo pensare che l'evangelista Giovanni un poco ce l'abbia con Giuda, attribuendo solo a lui quella critica sul costo dell'unguento profumato, che altri evangelisti

 

registrano al plurale, come critica di tutti. Ne fanno una questione di soldi e di poveri: «Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse:

 

«Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri? ». Ma dov'è il loro cuore? Ma lo vedono il dramma che segna il volto di quel

 

loro Maestro? Ma dove sono? Usano belle parole, che sembrano eticamente generose, ma desiderano soltanto dare spettacolo di sé.

 

 

Parole? No, c’è da rompere il vaso!

 

«Anche oggi» scrive un commentatore attento «assistiamo allo spettacolo di parole cristiane in libertà. Perdono, amore del prossimo, rispetto della religione.

 

Vengono adoperate da persone a cui non interessa niente né del prossimo, né della religione, né dei poveri, né di niente. Rito perfettamente omogeneo alla

 

volgarità dello spettacolo che va in scena ogni giorno. Funziona sempre e tutti abboccano» (Pierangelo Sequeri, L'ombra di Pietro, pp. 38-39). Con questi

 

atteggiamenti rimaniamo alla periferia.

 

E c'è Maria, l'unica che si avvicina al mistero di quel suo amico, va al cuore delle cose, al cuore della fede, che è relazione vera. Relazione che è fatta di cuore. Per

 

questo qualcuno distingue tra religione e fede e dice che le religioni non salveranno l'umanità, perché le religioni si possono svuotare di cuore, di cuore e di fede. La

 

fede non è fede senza che dentro vibri il cuore, senza che dentro vibri almeno una briciola della tenerezza di Maria. Una religione, appiattita sui calcoli umani, stà nella

 

sala e non capisce, non è sfiorata dal mistero.

 

Voi mi capite, c'è qualcosa da rompere. C'è da rompere il vaso che trattiene il profumo. C'è da rompere qualcosa anche nella nostra vita, se vogliamo fare pasqua, se

 

vogliamo che nella sala, nella sala della chiesa e nella sala dell'umanità, ci sia profumo: «e la casa si riempì di profumo». C'è da rompere questa mentalità mercantile

 

che ci sta inquinando. Se non la rompiamo, udremo parole religiose, ma sarà solo spettacolo, volgare spettacolo.

 

Solo chi ha la tenerezza che va al cuore, al problema dell'altro, solo chi ha il coraggio di rompere il vaso che trattiene il profumo potrà sostare sotto una croce. A

 

contemplare il Signore della croce. A odorare il profumo, profumo di vita, che viene dal vaso squarciato di quel cuore, il profumo che viene da quell'amore

 

incondizionato. Profumo per noi e profumo per tutta la terra.

 

 

Il mistero dell’eccedenza

 

«Tenete fisso lo sguardo su Gesù»: invita la lettera agli Ebrei e sembra di cogliere un appello per i giorni che ci attendono. Lo faremo, io ne sono certo! E gli occhi,

 

lasciatemelo dire, siano gli occhi di Maria di Betania, il suo sguardo per l'amico. Ci sia dato, ce lo auguriamo, di avere occhi capaci, dopo anni, di stupirci e di sostare,

 

ancora una volta, al mistero, il mistero dell'eccedenza.  Qui qualcosa eccede. Chiamati dunque anche noi ad assistere a un eccesso, l'eccesso evocato dal profumo

 

costosissimo di Maria.

 

E’ come se la donna avesse inventato con quel suo profumo una parabola, quasi volesse raccontare con quel profumo, che le era costato un patrimonio, a quelli che

 

erano nella casa e oggi a tutti noi, il mistero della dismisura, dell'eccedenza. Fuori dai canoni e da ogni misura, l'amore del suo amico e maestro! Come fuori dai canoni

 

e da ogni misura era quel profumo con cui gli cospargeva i piedi, fuori dai canoni e da ogni misura i suoi capelli con cui glie li asciugava teneramente.

 

Chi di noi avrà capito non potrà nella vita non avere gesti che raccontano l'eccedenza, Io spreco dell'amore, la dismisura.

 

E dove succede questo e quando succede questo, dove si esce e quando si esce dalla mentalità del calcolo, allora c'è profumo: «e tutta la casa si riempì dell'aroma di

 

quel profumo».

 

C'è profumo dentro di te, c'è profumo nella casa, c'è profumo nella società, c'è profumo nella chiesa, c'è profumo nella vita. In gesti, vorrei aggiungere, silenziosi.

 

Non c'è nel racconto una parola che è una di Maria. Ma c'è profumo. Forse anche per questo oggi c'è così poco profumo, siamo invasi da parole e spesso parole che

 

sbandierano il bene comune mentre sottendono nascosti interessi. E dove c'è calcolo, dove il calcolo viene ammantato di bene comune, come succede a Giuda, c'è

 

odore di morte, di morte di noi stessi, della società, della chiesa. Non è forse scritto nella prima lettera di Giovanni: «Chi non ama rimane nella morte» (1 Gv 3,14)?

 

Porta nella vita un'aria di morte, anche se cerca di incantare.

 

 

Due mondi

 

Sono due mondi e noi possiamo, quasi senza avvedercene,  passare dall'uno all'altro. Sono due mondi che intersecano la storia. All'inizio del racconto e alla fine del

 

racconto il cattivo odore della morte: Giovanni  annota che lo vogliono togliere di mezzo: “I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, perché molti

 

Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.” Volti spenti, immobili nei loro riti interessati, senza eccessi e senz'anima. Non è il profumo di un’umanità

 

autentica.

 

 

La sapienza di un unguento

 

A fugare questa coreografia buia, ci rimanga quasi miracolo il ricordo di Gesù e della sua amica. Lì c'è profumo. C'è la sapienza del vivere, la sapienza di un unguento,

 

che profuma proprio nell'atto di schiudersi e di darsi e non nell'atto di chiudersi e di tenersi. E la sapienza su cui fissare lo sguardo, contro le predicazioni del calcolo,

 

dell'interesse, della chiusura. Fuori è la stoltezza da cui ci mette in guardia il Cantico dei Cantici, quando ci ricorda che vendere l'amore per quattro soldi o per un

 

barlume della propria  immagine, vendere l'amore per qualcos'altro è operazione di inimmaginabile insipienza: «Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa in

 

cambio dell'amore non ne avrebbe che disprezzo» (Ct 8,7).

 

 

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ORATIO   Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende

e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano

ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.

 

Mi manchi. 
 

Mi manchi terribilmente. 
 

Leggo e rileggo le tue parole, 
 

mi piego su questa pagina, 
 

e mi fa male non sentire
 

il ritmo del tuo respiro, 
 

il suono amico della tua voce. 
 

Mi manchi, 
 

mi manchi, Signore, 
 

e la preghiera oggi
 

è un rincorrere il vento.
 

Mi manchi, Signore, 
 

perché, 
 

di tanto in tanto, 
 

ho bisogno
 

di toccare, 
 

di vedere, 
 

di sentire profumi.
 

E tu, ora, 
 

non sei a portata di mano, 
 

non stai davanti ai miei occhi, 
 

non hai l’odore buono di chi ama.

Mi manchi, Signore, 
 

e la fede ne soffre. 
 

Mi manchi, Signore, 
 

eppure, so,
 

quando mi allontano, 
 

quando ti volto le spalle,
 

so, che io manco a te, 
 

ancora di più.
 

Per questo,
 

ad ogni ritorno, 
 

pretendo di averti qui
 

come uomo fedele, 
 

come Dio paziente.
 

È questa distanza 
 

che ci unisce. 
 

La tua assenza 
 

mi alimenta.
 

La tua presenza
 

mi disseta.
 

Amen. 
 


(Emily Schenker)

                                                                                                                                                                                                                                                                        

 

 

CONTEMPLATIO     Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.

 È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

 

Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,

 

nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.

 

Amen

 

 

 

ACTIO     Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.

Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!

Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

Arrivederci!

 

(spunti liberamente tratti da una riflessione di don Angelo Casati in “I giorni della tenerezza”)