RITIRO ON LINE                                                                                                   
settembre 2019

                                                                                                                                                                                                                                                

 

Venero la Parola di Dio, l’Icona ed il Crocifisso.   Traccio sulla mia persona il Segno della mia fede, il Segno della Croce, mi metto alla presenza del Signore che vuole parlarmi. 

 

Ogni giorno è una partenza, Signore.

Ogni giorno una

nuova avventura.

Passo dopo passo.

 

Minuto dopo minuto.

Di nulla ho paura

se Tu sei con me

ogni giorno.

  (Patrizio Righero - "Un minuto con Dio")

Veni, Sancte Spiritus, Veni, per Mariam.

 

 (Cappella della Casa Santa Marta)

 

=============================================================

 

FATE ATTENZIONE A COME ASCOLTATE

 

Continua la piccola serie di lectio collegate tra di loro, liberamente tratte da alcune riflessioni/meditazioni di padre Innocenzo Gargano, monaco camaldolese.

Buona meditazione e buona preghiera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LECTIO Apro la Parola di Dio e leggo in piedi i brani che mi vengono proposti. (Luca 10,38-42)

 

38Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. 39Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. 40Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». 41Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MEDITATIO   Seduto, rileggo la Parola per più volte, lentamente. Anche la lettura della Parola di Dio è preghiera. Siamo entrati in quella zona più sacra e più lunga del nostro Ritiro On Line: il grande silenzio !  Il protagonista è lo Spirito Santo.

 Il modo migliore per assaporare un brano delle Scritture è accoglierlo in noi come un cibo nutriente per il nostro spirito, è avere la certezza che sia Dio a volerci parlare per farci entrare nelle dimensioni del suo disegno di amore e di salvezza. Se ascoltiamo attentamente la Parola potremo entrare in un rapporto vivo con il Padre, per lasciarci plasmare dal suo stesso "cuore".

 

«LA PARTE CHE NON LE SARA’ TOLTA»

 

Premessa

Abbiamo già parlato, nella Lectio del mese passato, dell'unità letteraria costituita dalla pagina lucana che ha inizio con la domanda del dottore della Legge e termina con la risposta data da Gesù a Marta, la sorella di Maria. Abbiamo anche detto che questa unità letteraria può essere individuata grazie al riferimento alla «eredità»; che collega l'interrogativo posto dal dottore della Legge alla risposta data da Gesù prima con riferimento al dono della prossimità ricevuto dal samaritano e poi con riferimento a una situazione anch'essa emblematica, in cui vengono a trovarsi Marta e sua sorella Maria. Abbiamo già letto la parabola del buon samaritano con un taglio particolare che ci ha permesso di riconoscere nel malcapitato Colui che era stato estromesso dal consorzio degli uomini, già preannunziato soprattutto nei quattro canti del profeta Isaia (Is 42,1-9; 49,1-6; 50,4-11; 52,13-53,12) e poi riconosciuto dal Nuovo Testamento come figura di Gesù di Nazareth. E abbiamo concluso che colui che si fa prossimo del malcapitato, contraendo una parentela o consanguineità con lui, si ritrova coerede dello stesso patrimonio che spetta normalmente ai figli.

 

Marta e Maria: due tipologie

Proseguiamo adesso nel nostro approfondimento della pagina, rileggendo i vv. 38-42 del  capitolo 10 di Luca, che costituiscono il famoso  episodio  parabolico  di  Marta  e  di Maria.

 Abbiamo detto che siamo sempre all'interno della  tematica  dell’eredità. Ricordiamo  la domanda del dottore della Legge:

«Maestro, che cosa devo fare per conseguire l'eredità della vita eterna?».

 Anche questo piccolo brano infatti sembra voglia rispondere al medesimo interrogativo. Gesù agisce e parla mentre cammina per la strada. È una delle tematiche costanti di Luca. La parola di Luca è una parola che viaggia, una parola in cammino; l'insegnamento di Gesù in Luca è un insegnamento “peripatetico” (“di ciò che si fa o che accade mentre si passeggia” similmente a quanto accadeva nella scuola Aristotelica).

Gesù non sale in cattedra. Trasmette l'insegnamento mentre vive ciò che insegna. In questo caso Gesù sta andando verso Gerusalemme:

«Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò» (v. 38).

La padrona di casa sembra essere Marta. Probabilmente, Marta è la sorella maggiore se, immediatamente dopo, si aggiunge:

«Ella aveva una sorella di nome Maria» (v. 39).

 Siamo già qui di fronte a una costante del mondo biblico che mette spesso a confronto il maggiore e il minore.

Nel racconto di Luca la padrona di casa è dunque Marta. È lei che accoglie Gesù nella sua casa e il suo è un primato che non le viene tolto. Probabilmente l'intenzionalità dell'evangelista è quella di sottolineare questo primato dell'accoglienza fisica di Gesù da parte di Marta.

«Gesù venne fra i suoi» (Gv 1,11): la Parola di Dio si è fatta carne all'interno di Israele così che il Figlio di Dio, in Gesù, è ebreo e lo è in modo definitivo. Questo privilegio non lo toglie nessuno a Israele. Dunque Marta può essere letta come il simbolo stesso del popolo di Israele, del popolo ebraico: è lei che è stata scelta da Gesù perché lo potesse ricevere in casa sua.

Ma all'interno di questa realtà di Israele si può presentare una situazione particolare in cui soltanto qualcuno, magari «il più piccolo», riesce a intuire la straordinaria dignità di colui che è stato accolto nella casa. Perciò immediatamente si aggiunge: « Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola.»  (v. 39).

Dunque è Marta che riceve in casa Gesù, ma la casa di Marta è anche la casa di sua sorella minore, Maria. Maria però non solo intuisce la grandissima dignità dell'ospite, ma lo riconosce anche come Maestro. Perciò si pone nella situazione della discepola «seduta ai piedi di Gesù» e, come tale, è accettata da lui.

 

Sedere ai piedi del Maestro

Non è la prima volta che Luca ci pone di fronte a una scena di questo tipo. Anzi, proprio nei vangeli dell'infanzia ci aveva messi di fronte a una scena analoga presentandoci Gesù dodicenne, appena arrivato all'età in cui per un ragazzo ebreo scattava la dignità di poter ascoltare l'insegnamento della Torà, seduto ai piedi dei maestri e dialogante con loro (cfr. Lc 2,46). È molto importante tener conto di questa scena.

Purtroppo noi siamo stati abituati a vedere nel Gesù dodicenne, che si eclissa dall'attenzione dei suoi e si nasconde in qualche modo fra i dottori del tempio, un bambino prodigio che, messosi in cattedra, umiliava con le sue intuizioni e il suo insegnamento i sapienti di Israele. Ma non è così!

L'evangelista vuole invece sottolineare proprio questo «sentirsi a casa sua» da parte di Gesù dodicenne, in casa di suo Padre, dove i maestri della Legge gli trasmettono le «dieci parole» di Dio e la loro interpretazione.

Dunque è possibile fare un confronto tra la casa identificata con il tempio, dei vangeli dell' infanzia, e questa casa di Marta dove Maria, sorella minore di Marta, si pone nella stessa situazione in cui si era posto Gesù dodicenne ai piedi dei maestri di Israele. Vuol dire che adesso Maria riconosce in Gesù tutto ciò che Gesù dodicenne aveva riconosciuto nei sapienti di Israele. Lui è ormai la sapienza sintetizzata nella sua persona e nel suo insegnamento; perciò si siede ai suoi piedi tutta intenta ad ascoltare: «seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola».

 

Ascoltare e fare silenzio

Era l'unica richiesta fatta al discepolo, perché al maestro conviene insegnare, ma al discepolo conviene “obaudire et tacere”, “ascoltare e fare silenzio”. Noi monaci siamo abituati a sentirci dire questa frase perché viene dalla Regola di san Benedetto. Durante il noviziato è il maestro che insegna al discepolo, il quale conviene, dice il testo, che si ponga semplicemente in atteggiamento di ascolto, in sacrosanto silenzio.

Questo è l'atteggiamento di Maria. Questo era stato l'atteggiamento di Gesù nel tempio. In quell'occasione Gesù dodicenne si era fatto talmente assorbire dall'ascolto dei maestri che aveva dimenticato di avere un papà e una mamma. E quando i genitori, tutti preoccupati, lo ritrovano e tentano di rimproverarlo, cade dalle nuvole e dice: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio? ». (Lc 2,49)

Gesù dodicenne si presenta dunque già con un atteggiamento simile a quello che qui ritroviamo in Maria. Come se volesse dire: “Sono talmente preso dal desiderio di non perdere neppure una goccia della sapienza che viene attraverso questi dottori, questi maestri, che dimentico tutto il resto”. L’ascolto è un ascolto attentissimo, un ascolto preoccupato di contenere la pienezza di tutto l’insegnamento. Non vuol perdere nulla della eredità che è stata lasciata a Israele concentrata e sintetizzata nell'insegnamento del Maestro. L'atteggiamento di Maria, proprio di ogni discepolo in Israele, era stato l'atteggiamento di Gesù dodicenne all'alba del suo essere adulto in Israele.

 

Accoglienza fuori dagli stereotipi

Dietro tutto questo si nasconde però un'altra affermazione estremamente importante.

Una delle diciotto benedizioni, che ogni pio ebreo recita quotidianamente, verte sul ringraziamento che fa il pio ebreo di essere stato creato uomo e perciò capace di ascoltare, studiare e mettere in pratica la Legge del Signore. La donna ha altre funzioni all'interno di Israele, ma non ha per sé la funzione di ricevere l'insegnamento dei maestri e di trasmetterlo attraverso l'uso della parola. Gesù, che viveva all'interno di una simile tradizione, avrebbe potuto estromettere Maria indicandole la sua presuntuosità. Ma non lo fa. Accetta che Maria si metta all'interno del cerchio dei discepoli,«seduta ai piedi del Signore», in un atteggiamento per nulla diverso da quello che veniva richiesto a ogni discepolo. E Gesù l'accoglie. E Gesù le riconosce questo diritto. Gesù approva questa sua libertà. Probabilmente è da qui che occorre partire per leggere, adesso, il disappunto di Marta.

 

Distolta dai molti sevizi... e sola a servire

Marta è all'interno della tradizione. Marta è perfettamente ligia alla Legge. Marta sa stare nei suoi limiti, sa contenersi all'interno di ciò che è prescritto a una donna. Marta non ha - potremmo dire - la sfrontatezza di Maria e si aspetta che da parte del Maestro ci sia una approvazione della sua discrezione, della sua riservatezza, del suo restare all'interno dei propri limiti. Tutto questo forse è possibile leggere nella frase di Luca: «Marta invece era distolta per i molti servizi.».

Marta aveva accettato la sua condizione femminile, aveva accettato tutto ciò che questo poteva comportare nella sua identità di donna e la generosità  la  riversava  tutta  nel servizio, nella «molta diaconia». Chissà di quante piccolissime cose ha circondato Gesù perché si sentisse pienamente a suo agio in casa sua!

Anche noi, quando arriva un ospite a cui teniamo molto, tiriamo fuori tutto il meglio che abbiamo in casa. Deve aver fatto così anche Marta. Era talmente felice di avere Gesù in casa sua che deve avergli profuso tutto il meglio che aveva, mettendolo a disposizione e, possiamo  aggiungere, mettendosi a disposizione.

 «Distolta per i molti servizi». È a partire da questa sua consapevolezza di aver dato tutto e di essere totalmente nel giusto, essendosi contenuta all'interno del proprio limite, che si sente «superiore» a Maria. Il fatto di poter mostrare la sua estrema generosità pensa che l'autorizzi a sentirsi un gradino più in su di sua sorella. Dall'alto di questa sua generosità sincera vorrebbe poi la conferma, da parte di Gesù, della sua scelta onesta e rispettosa, ma anche migliore, secondo lei, della scelta compiuta da Maria. E non solo si aspetta che Gesù riconosca la superiorità morale della sua scelta, ma addirittura vuole che Gesù convinca Maria che la situazione in cui si deve porre una donna è proprio la sua.

 

Situazioni analoghe

Si riscontrano spesso nella vita situazioni analoghe. Nei monasteri soprattutto, ma anche nelle famiglie: non solo ci sentiamo al di sopra degli altri perché abbiamo dimostrato di lavorare di più, di sacrificarci di più, di dare di più, ma vorremmo anche che gli altri ci prendessero come modello: «Dovreste fare tutti come me e allora le cose andrebbero certamente meglio» (in famiglia, in comunità, nella società)! Sotto la frase di Marta: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti », c'è tutto questo. Marta l'abbiamo individuata già come simbolo di Israele, e simbolo dell'Israele osservante, simbolo dell'Israele che è tutto dedito ad applicare le prescrizioni della Legge fino nei minimi particolari, tanto che in questa osservanza della Legge pensa «onestamente» di poter mostrare la propria giustizia e dunque di indicarla come modello di comportamento agli altri. Ora aggiungiamo che non c'è maliziosità in tutto questo, ma semmai tanta ingenuità. Tutto è vissuto all'interno di una situazione estremamente onesta.

 Luca è sempre molto attento a mostrare questa onestà, anche quando il suo messaggio può apparire crudelmente ironico. Si pensi ai due che si presentarono nel tempio, l'uno fariseo e l'altro pubblicano (cfr. Lc 18,9-14), e al fariseo che ponendosi nello stesso atteggiamento di Marta, sicuro della propria osservanza, occupando i primi posti e guardando se stesso, pieno di santo orgoglio, poteva dire: «Eccomi, io sono perfettamente osservante e se mi confronto con quel pubblicano che sta laggiù in fondo, all'ultimo posto, mi sento semplicemente superiore. Infatti, se lui si specchia su di me, non può fare a meno di riconoscere la propria bruttezza, la propria indegnità, il proprio limite ».

 Non c'è, ripeto, alcuna intenzionalità negativa: Gesù, in Luca, è amico dei farisei. Simone il lebbroso (cfr. Lc 7,36-50) è un fariseo e Gesù si lascia ricevere in casa da lui, come da un amico, proprio come fa qui con Marta . È nella casa dell'amico fariseo che Luca pone la famosa situazione della donna peccatrice, prostrata ai piedi di Gesù per lavarglieli con le sue lacrime e asciugarglieli con i suoi capelli.

Luca non è nuovo a questi chiaroscuri: Simone il lebbroso è un amico di Gesù nonostante che venga attraversato dal dubbio sull'identità profetica del Maestro, così come Marta è un'amica di Gesù nonostante che si lasci attraversare dal dubbio sulla positività del suo atteggiamento nei riguardi di Maria. Anche il fariseo della «parabola del fariseo e del pubblicano» credo vada letto dunque con occhio positivo. Luca ha espressioni che potremmo leggere con meno aggressività di quanto non siamo stati abituati a fare. Ad esempio quando Gesù dice: « io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano» » (cfr. Lc 5,31-32), forse dovremmo scoprire nelle sue parole un rispetto enorme per chi si ritiene giusto, onestamente si ritiene giusto, per chi si ritiene sano. Gesù non li condanna. Rivendica solo una libertà diversa.

 

Gesù chiamato in causa

Gesù nella sua risposta rompe tutto, non ci sono più confini:  «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti ».

Certi convincimenti sono talmente inammissibili che sboccano nell'imposizione di prassi e di leggi tese a evitare drasticamente qualunque apertura delle frontiere. Ripeto, non occorre vedere maliziosità in tutto questo: chi lo fa crede di agire in modo estremamente onesto. Ciò non toglie che questa onestà sia vissuta all'interno di un limite egoistico che Gesù è venuto a superare, a infrangere e condannare definitivamente.

«Dille dunque che mi aiuti!»: costringi anche lei, cioè, all'interno dei miei stessi criteri di definizione di ciò che è giusto (caccialo fuori dalla scuola, che stia con i suoi pari,…).

Ma Gesù le rispose, e io credo che in questa risposta ci sia la sintesi di tutto ciò che l'evangelista ha voluto dirci finora:

«Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose ».

 Che cos'è che non permette a Marta di leggere in modo diverso la scelta fatta da Maria? Che cos'è che porta Marta ad accusare Gesù che ha permesso a Maria di starsene tranquillamente ai suoi piedi per ascoltarlo? Il groviglio delle preoccupazioni, il labirinto di luoghi comuni, costituiti dai cosiddetti valori familiari, culturali, sociali, economici, etnici o nazionali, entro cui Marta si è chiusa come in una corazza di ferro.

È questo che le impedisce di constatare nella scelta di Maria la libertà che permette di sperimentare finalmente, nella propria vita, la stessa libertà di Dio. Marta si è talmente avviluppata, talmente imprigionata all'interno di tutte queste convenzioni, che non riesce ad avere il distacco necessario per osservare la realtà a 360°. E dunque non riesce più a capire ciò che è importante e ciò che non lo è; ciò che è essenziale e ciò che è superfluo; ciò che appartiene al cuore stesso della realtà e ciò che è soltanto contorno. Ha identificato il centro con la periferia, l'essenziale con il superfluo e, naturalmente, si è persa nel suo labirinto.

Succede spesso che si rincorrano le superfluità e si trasformino in necessità, al punto da sentirsi incapaci di fare a meno di tutti i comfort che secondo l'opinione pubblica, secondo gli schemi della moda culturale corrente, sono un dovere per potersi sentire membri accettati da questa società.

«Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno ».

  

Di che cosa c'è bisogno?

Non è un rimprovero quello che Gesù fa a Marta. Semplicemente Gesù richiama Marta alla libertà di cui intende fruire per seguire i criteri della gratuità. Non c'è nessun rimprovero e non c'è neppure alcuna contrapposizione (come potremmo immaginare noi) tra Marta e Maria. Estremo rispetto, dunque, per tutto ciò che nella mentalità di Marta costituisce, in onestà, il suo modo di essere di fronte a Dio. C'è però rivendicazione - questa sì - da parte di Gesù di venire incontro a chi vive all'interno di una sensibilità, di una situazione, di una decisione diversa, senza lasciarsi condizionare dai diritti acquisiti da coloro che si sono comportati bene e secondo giustizia.

È da questa libertà di Dio che nasce la libertà dell'altro. Gesù concede a Maria di stare ai piedi come discepola. È stata la libertà di Gesù che ha creato la libertà di Maria!

 In questa piccolissima miniatura Luca, concedendo a Maria di essere discepola alla pari di tutti gli altri, permette di fatto a Gesù di aprire un orizzonte nuovo per le donne di tutti i tempi, nonostante la persistente incomprensione da parte di chi si è tenuto scrupolosamente all'interno dei confini stabiliti dalla tradizione, dalla Legge, dalla cultura, dalla storia precedente, dall'etnia, dall'appartenenza familiare e, non ultimo, dalla pretesa imperfezione biologica della donna stessa.

 

La magnifica eredità

A questo punto si inserisce la dichiarazione fondamentale: « Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».  Maria si è scelta l'eredità migliore (si è scelta la bella, la buona, eredità).

Torniamo di nuovo alla distribuzione delle terre fatta da Giosuè (ne abbiamo parlato nella lectio precedente). Ognuno aveva tentato di accaparrarsi i territori migliori, ma nessuno era stato così furbo o privilegiato come Levi che aveva scelto unicamente il Signore!

Ecco Maria! Maria ha scelto l'eredità per eccellenza, ha scelto il Signore e nel Signore ha avuto tutto il resto; gli altri, invece, avendo scelto tutto il resto, hanno rischiato, e tuttora rischiano, di non avere lui. Ecco perché Maria ha scelto il territorio buono, il terreno fertile: perché ha scelto il Signore: «Tu sei la mia parte e la mia eredità» (cfr. Sal 15,5).

Ed è ovvio che Gesù non possa non rispettare la scelta di Maria. È infatti la scelta che gli sta più a cuore. È la scelta che la fa sentire più vicina. È la scelta che Gesù si attendeva anche da Marta.

 

La scelta dell’ “unum”, del Signore

Dunque questa «parte buona», scelta da Maria, è l'unum, è il Signore. E scegliendo il Signore, ha scelto di amarlo «con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutte le forze».

Nello Shemà di Israele tutto deriva dall'affermazione dell'unum: «Io sono l'unico, io ti ho tratto dalla terra d'Egitto (cfr. Sal 80,11). Io ti ho condotto nella terra promessa». Perciò: « amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze» (cfr. Dt 6,4-5). Legandoci a lui, aderendo unicamente a lui, non ci stacchiamo dai fratelli, ma semmai li leghiamo più fortemente a noi con la stessa forza che riceviamo da lui. Non c'è dunque una contrapposizione tra «vita attiva» e «vita contemplativa». Non c'entra proprio!

Gregorio Magno, nella sua Regola pastorale, sottolinea con molta insistenza quest'unità nell’unum. È ovvio che l'amore si espande. I problemi nascono soltanto quando non c'è amore, perché in questo caso l'attività diventa attivismo e, tutto sommato, poco utile. Quando invece c'è amore, l'amore per natura sua tende a riversarsi in generoso servizio dei fratelli.

I grandi santi hanno sperimentato sempre l'unità di queste due tensioni. Un autentico missionario non può non essere anche un autentico uomo di preghiera. E, d'altra parte, un autentico uomo di preghiera - dal momento che è la luce accesa dal Signore che non può restare nascosta - non può essere posto sotto il tavolo, ma deve essere messo sopra il candeliere perché illumini l'intera casa (cfr. Mt 5,15).

 San Benedetto, ad esempio, era fuggito da Roma. Aveva interrotto gli studi. Si era nascosto in una grotta a Subiaco. Si era lasciato accendere dal desiderio dell'amore nella grotta di Subiaco, ma quando questo amore era finalmente spuntato, Dio stesso gli aveva inviato discepoli a non finire perché, dice Gregorio Magno, «la luce non poteva rimanere nascosta». Dunque, non contrapposizione, non separazione, non divisione, ma unità.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ORATIO Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni emerse dalla meditatio. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. La preghiera si può anche fare ruminando alcune frasi del brano ripetendo per più volte la frase/i che mi hanno fatto meditare.

 

Spesso, o Signore, ho desiderato essere altro.
Vorrei essere aquila per volare in alto, guardare in basso,
e individuare chi poter salvare.
Vorrei essere ape per posarmi sui fiori
e produrre tanto miele di bene.
Vorrei essere cane per rimanere fedele al mio Padrone
e vegliare sul gregge affidatomi.
Vorrei essere giglio di campo per capire




la bellezza del creato
e rendere gloria a te, Creatore.
Vorrei essere delfino per scoprire la profondità dell'Oceano,
e, nel silenzio, tessere le tue lodi.
Vorrei essere universo per scoprire la mia piccolezza
ed apprezzare di più la tua grandezza.
Vorrei essere... aiutami ad essere
quello che sono
sperando di diventare migliore.

 

(don Dario, stralcio da “un minuto con Dio”)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CONTEMPLATIO     Avverto il bisogno di guardare solo a Gesù, di lasciarmi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di accogliere il suo amore per noi. È l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di aver toccato Gesù.  È Gesù che ci precede, ci accompagna, ci è vicino, Gesù solo! Contempliamo in silenzio questo mistero: Dio si fa vicino ad ogni uomo!

 

Per Cristo, con Cristo e in Cristo a te, Dio Padre Onnipotente,  

nell’unità dello Spirito Santo,

ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli.  Amen

 

 

AGGIUNTINA

Spunti per valide riflessioni possono venire dalle fonti meno aspettate… nella libertà dello Spirito che soffia dove vuole.

Mi permetto di suggerire una simpatica “scenetta” sul tema “Marta e Maria” scaturita dall’umorismo, ma anche dalla saggezza, di Giovanni Scifoni (attore, scrittore, drammaturgo teatrale).

Andate su “www.youtube.com” e nel campo di ricerca scrivete “giovanni scifoni santa marta”.  Il link diretto è “https://www.youtube.com/watch?v=ZxcyY-y_pa8”.

 

E’ interessante, nella seconda parte del breve video, la considerazione di quanto sia importante “ricalibrare” la mèta quando ci si accorge che gli obbiettivi fissati si allontanano anziché avvicinarsi… (e a chi non è mai capitato?)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ACTIO     Mi impegno a vivere un versetto di questi brani, quello che mi ha colpito di più.

Si compie concretamente un’azione che cambia il cuore e converte la vita. Ciò che si è meditato diventa ora vita!

Prego con la Liturgia delle Ore, l’ora canonica del giorno adatta al momento.

Concludo il momento di lectio recitando con calma la preghiera insegnataci da Gesù: Padre Nostro...

Arrivederci!  

 

(spunti liberamente tratti da una lectio di padre Innocenzo Gargano, monaco camaldolese)